Regia di Yasujiro Ozu vedi scheda film
I coniugi Hirayama hanno cinque figli : Kyõko (Kyõgo Kagawa), l'ultima figlia che vive ancora con loro, Shoji, il secondogenito morto in guerra, Keizo (Shirõ Osaka) che vive e lavora ad Osaka, Koichi (Sõ Yamamura) e Shige (Haruka Sugimura) che vivono con le rispettive famiglie a Tokyo, il primo è un pediatra, la seconda fa la parrucchiera. E' da loro che Shukichi (Chishû Ryû) e Tomi (Chieko Higashiyama) si recano per trascorrere un po di giorni nella capitale nipponica. Qui però si scontrano con l'impossibilità dei figli di prestargli molta attenzione, indaffarati come sono coi loro pressanti impegni lavorativi, con dei nipoti che non gli dimostrano neanche un pò d'affetto e con una realtà cittadina molto diversa dalle loro aspettative. Noriko (Setsuko Hara), la vedova del figlio defunto, è l'unica che si congede senza indugi agli anziani suoceri. Gli offre ospitalità e si prende una giornata di permesso dal lavoro per portarli a conoscere la grande metropoli.
"Viaggio a Tokyo" è un'incursione compiuta con leggiadra delicatezza da un maestro di cinema nel cuore del Giappone, un paese che agl'inizi degli anni cinquanta stava cambiando radicalmente fisionomia dopo la sciagurata fine del secondo conflitto mondiale. Gli anni e la distanza incidono sulla purezza degli affetti filiali, e l'indipendenza familiare comprime il tempo da poter concedere agli altri. Se a queste constatazioni di fatto si aggiunge che si è immersi in un tempo che ti chiede, per stare al passo, di razionalizzare al meglio il tuo tempo e i tuoi spazi, allora l'incapacità di Koichi e Shige di sacrificare un pò del loro tempo da trascorrere insieme ai genitori che non vedevano da diversi anni, riflette i cambiamenti incorsi nella società giapponese per il fatto di essersi concessa anima e corpo all'occidentalizzazione delle sue strutture economiche portanti. "Prima o poi diventiamo tutti come loro, è inevitabile" dice Noriko biasimando Kyoko che parlava dell'egoismo dei fratelli. In questa frase innoqua e tremendamente banale (messa in bocca alla persona più buona) c'è evidentemente tutto il pessimismo dell'autore giapponese sull'inevitabilità che la corsa intrapresa dal Giappone al treno occidentale comporti un sacrificio identitario difficile da recuperare. "Viaggio a Tokyo" è un film sul tempo che incide sulla solidità dei legami familiari e sugli effetti che i cambiamenti sociali producono sulle persone : la rappresentazione di valori universali attraverso un'essenzialità dei contenuti stilistici di staordinaria efficacia. Quello di Ozu è un cinema tanto immerso nell'ordinaria quotidianetà delle normali vicende umane, quanto capace di indurre a riflessioni generali partendo dai piccoli particolari. Ciò che ritengo sorprendente è che dalla congiunzione di tante minutissime parti che compongono un tutto, volti, parole, sguardi, slanci emotivi, è possibile ricavare una lucida analisi sui destini di una nazione. Le vicende di una famiglia osservata con cura certosina da una macchina da presa posizionata sempre ad altezza tatami diventano le vicende tipo di un popolo, delle loro pulsioni sentimentali, della storia in divenire del Giappone. Il cinema di Ozu fa la storia. Un capolavoro di strazziante semplicità.
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