Regia di Lana Wachowski vedi scheda film
Temet Nosce. Conosci te stesso.
Quella di Matrix Resurrections è un’operazione concettuale delicata, tanto stratificata e pregna di piani di lettura da avermi riportato alla mente il miracolo imprescindibile che fu Twin Peaks: The Return.
Si tratta di scardinare l’idea di revival-sequel-reboot, riformulare la proprietà intellettuale pre-esistente e ribaltarla come un calzino, traendone insegnamenti e/o significati inediti tali da ripensare e, perché no, tradire la stessa (vedasi anche il purgato The Last Jedi per la saga di Star Wars). In un momento storico nel quale prepondera l’espediente del rimpianto, fra ritorni dall’oblio e sguardi costantemente posti al remoto idealizzato, Lana Wachowski (per la prima volta senza la sorella Lilly) compie un atto di inestimabile audacia: resuscitare la propria creatura, sottraendola dalle grinfie indelicate delle grandi major, per, infine, annientarla e permetterne la resurrezione.
Se originariamente il film intraprende un percorso di (auto-)critica nei confronti dell’odierno panorama blockbusteriano, puntando il dito verso una sempre più frequente omologazione dell’intrattenimento ed una conseguente perdita – o radicale mutamento – della sensibilità alla visione, in un secondo tempo sembra correggere tale approccio attraverso una presa di coscienza lapalissianamente inesorabile, trasformando l’osservazione teorica del contesto finzionale relazionato a quello reale (cosa può essere oggi, come allora, Matrix?) in una ricerca del tempo perduto, nonché della propria identità nel ‘nuovo’ mondo: la nostalgia e le reminiscenze ad essa legata non sono sfruttate per adulare, quanto per respingere e porre dinnanzi all’opportunità (e necessità) del cambiamento. Gli anni sono trascorsi, la vecchiaia sopraggiunge – sia per la carne che, evidentemente, per il software – e nemmeno il digitale può mantenere l’illusione: i corpi sfioriti di Keanu Reeves e Carrie-Anne Moss riprendono a danzare, dall’alto dei cieli al terreno in piena crisi sociale, politica e culturale. L’hic et nunc rappresenta la vera tana del bianconiglio, un tumulto relativo all’umano e quindi non risolvibile attraverso il sistema numerico binario: pillola rossa e pillola blu sono ormai superate, palesando l’insussistenza di qualsivoglia ‘scelta’: qui e oltre lo specchio, ogni entità è padrona del proprio corpo (plasmabile, come di fatto agisce l’Agente Smith), artefice della propria realtà.
Matrix Resurrections è anche la summa poetica ed estetica delle Wachowski, il percorso da una ricerca goliardica e barocca dell’immagine ad una riflessione individuale ma al contempo collettiva (propria di un pubblico e di una comunità), alimentata da quanto di più intimo possa esistere, al di là di profezie e credenze varie, oltre il divino e la materia: l’amor che move il sole e l’altre stelle.
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