Regia di Lana Wachowski vedi scheda film
Mediocre e innecessaria conclusione di un titolo rivoluzionario, che ispiratosi a correnti filosofiche ed anime giapponesi (Ghost in the shell), e con un utilizzo innovativo e sorprendente di effetti speciali, continua ancora oggi a far scuola.
Matrix Resurrections è prima di tutto un'idea sulla carta affascinante. Rimettere in discussione le meccaniche e le storie dei film precedenti, evidenziare ancora una volta come sia Nio che l'agente Smith siano facce di una stessa medaglia, la stessa anomalia sottomessa di un disegno più grande, questa volta governato dall'Analista.
Non mi soffermerò sulla trama e sugli attori, in un comparto da fortune alterne. Trama che potrebbe anche risultare intrigante, ma con un risultato che è fastidiosamente cervellotico e, peccato più grande, il fatto che non sia evocativo, Lara Wachowski ha spazzato con un sol gesto quell'aura di divino e ultraterreno dei personaggi, rendendoli fragilmente umani e quasi banali.
In questo episodio, la verità si fa amore e soprattutto donna, tanto per restare in tema con le discussioni correnti, ed è Trinity che alla fine dovrà risvegliarsi da Matrix.
Metafora di una società anestetizzata dalle tecnologie, da un pensiero comune indotto, da autocritica del sequel di botteghino, comunque sia Matrix perde quello strato evocativo che era la sua immensa forza. Furbescamente quest'ultima incarnazione si autocita, ripropone, gioca con immagini del passato, ma al tempo stesso banalizza, smonta, scardina un ingranaggio che forse non aveva bisogno di essere così stuzzicato, e cervelloticamente ricostruito.
Non raggiunge gli algidi eccessi tecnici di Tenet, ma se nei film di Nolan è il tempo filmico il fulcro dove scaturisce tutto, in Matrix Resurrections è il film stesso. Il metacerebrofilm è servito.
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