Attorno al 700, le sorti di quello che fu l'Impero Romano ormai sgretolato e diviso si sviluppa su tre centri di potere che spaziano dalla Roma decadente e decaduta presieduta dal Papa Onorio, l'Imperatore bizantino Eraclio il Grande, ed oltralpe, il re dei Franchi Dagoberto, capriccioso, vizioso e lascivo sovrano che decide di recarsi a Roma per ottenere l'indulgenza papale, con al seguito il suo frate-confessore di fiducia e una corte di ancelle e donne di piacere destinate a sollazzarlo durante il lungo viaggio.
Dopo mille traversie ed agguati, il re raggiungerà il papa, per scoprire che in realtà in suo luogo si cela un sosia non meno corrotto e dissoluto del re dei Franchi.
Da una sceneggiatura ad opera del celebre collaboratore di Polanski e Annaud, Gerard Brach, Dino Risi trae un'opera dal respiro picaresco e fracassone, più bizzarra e farlocca che realmente interessante, nonostante il prestigioso cast franco italiano di cui il film si può avvalere.
Nel ruolo del debosciato protagonista, il comico surreale e prematuramente compianto Coluche ci fornisce un ritratto della corruzione e del vizio che hanno minato le basi di un'impero altrimenti invincibile ed indivisibile.
Lo affiancano attori di prim'ordine come Michel Serrault, nel ruolo del monaco Otario, Ugo Tognazzi nel doppio ruolo del papa Onorio e del suo sosia, e belle attrici come Carole Bouquet, Isabella Ferrari, Sabrina Siani, oltre a Michael Lonsdale e Venantino Venantini.
Ne scaturisce una produzione ad ampio budget che ambirebbe ai fasti e la leggiadria di Brancaleone di Monicelli, ma che può al massimo parcheggiarsi vicino a quel evanescente e solamente scenografico I Picari, che lo stesso Monicelli diresse solo un triennio successivo.
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