Regia di José Luis Monter vedi scheda film
Uno sceriffo uccide suo padre, per errore, in una sparatoria. Getta la pistola promettendo che non la userà mai più: una promessa destinata a durare pochissimo, poiché alla prima occasione il Nostro tornerà a impugnare la sei colpi contro i banditi che imperversano in città.
Probabilmente uno degli spaghetti western più sgangherati di sempre: Lo sceriffo che non spara non ha di buono neppure il titolo, al contrario di tante altre operine coeve prive di argomenti che riuscivano a incuriosire o a far sorridere almeno sulla locandina. Qui c’è davvero il vuoto pneumatico, e per confezionarlo ci si sono messi in parecchi: se la regia è condivisa fra Renato Polselli e José Luis Monter, il team di sceneggiatura vede infatti avvicendarsi sul copione, oltre a quelle dei due registi, le mani di Carmen Martinez, Guido Malatesta, Reinat Rizlang e Vincent Cashino – che sarebbe poi Vincenzo Cascino, uno dei protagonisti. La storia è un colabrodo dal punto di vista della logica e del ritmo, la recitazione è altamente discutibile e il duo Polselli/Monter decide saggiamente, data la situazione, di puntare tutto sull’azione, in particolare sulle sparatorie: per farla breve, il titolo non solo viene contraddetto dalla trama dopo pochissimi minuti di proiezione, ma è a tutti gli effetti una pubblicità ingannevole considerata la discreta quantità di proiettili esplosi durante la storia. Nel cast: Mickey Hargitay, Sancho Gracia, Manuel Zarzo, Aiché Nanà, Solvi Stubing, Gianni Dei e il già citato Cascino. Un plauso particolare va comunque riservato allo pseudonimo fantasioso scelto in questa occasione da Polselli: Lionel A. Prestol, anagramma del suo vero nome. 2/10.
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