Regia di Marcello Andrei vedi scheda film
Tutto interamente girato in Italia, fuori Roma, probabilmente verso i Monti della Laga visto la natura pedemontana dell’ambiente, fortemente dissimile alle famose aree semiaride delle cave fuori Roma, del Canalone della Tolfa o delle distese di Camposecco, e ovviamente girato in buona parte allo Studio Elios, dove spicca la celebre e iconica chiesa in fondo al villaggio. El Macho è un tardo western italiano che vuole giocare tutto il suo potenziale commerciale sulla figura dell’ex pugile Carlos Monzón e della sua donna, Susuna Giménez, entrambi argentini e molto famosi in patria e all’estero anche per questioni private. Stupisce in quanto la messa in scena, molto rude e terrigna, e l’estetica con cui Marcello Andrei confeziona il film, accattivante in non poche sequenze e con omaggi anche riusciti e non fuori luogo ai rallenty di Sam Peckinpah, sono ricercate e calibrate. Scivola, quasi ovviamente, sul testo, che rende improbabili molti dialoghi e diverse scene, senza però scalfire un’atmosfera generale riuscita e azzeccata.
Complice il clima autunno-invernale che caratterizzò le riprese, il film gode di uno spirito quasi decadente. Anche grazie all’extratesto filmico – Monzón, gli ambienti romani, il background spaghetti accumulatosi nei decenni precedenti – El Macho acquista un potere evocativo non indifferente. Se trascuriamo le pessime interpretazioni degli attori secondari, è indubbio che la presenza magnetica del pugile argentino e la professionalità di Hilton e Stefanelli, permettono di godere il film al di là di ogni pessima aspettativa. È proprio El Macho/Buitre/Monzón a dare il meglio di sé con quel muso pestato e “indio” alla Charles Bronson, con la sua prestanza atletica e la disinvoltura con cui dominava la scena. Quasi sovrapponendo le due immagini, di personaggio e attore, Monzón riesce a creare una delle ultime icone dello spaghetti-western capace di andare oltre lo schermo, oltre la narrazione e la tipizzazione del classico antieroe.
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