Regia di Sam Wrench vedi scheda film
Il comico inglese Jimmy Carr, azzimato, elegante ed estremamente politicamente scorretto, torna in scena con uno spettacolo che prende in giro atteggiamenti e luoghi comuni razzisti, sessisti e sconvenienti per i più vari motivi.
Un’ora con Jimmy Carr vale seriamente due di tantissimi altri comici: sia perché Carr parla – e pensa – veloce, sia perché spesso i suoi giochi di parole, i suoi riferimenti, le sue metafore sono piuttosto complessi – tutt’altro che difficili: solo arzigogolati, e nello stile di scrittura scorrevole, ma denso di argomenti c’è sicuramente uno dei suoi maggiori punti di forza. Ma il principale, è cosa nota, è la faccia di bronzo: Carr non si ferma dinanzi a niente e nessuno, insulta sostanzialmente qualsiasi religione, nazionalità, orientamento sessuale possibile e lo fa sempre con grande eleganza e un aplomb a tutti gli effetti inglese. In questo Funny business non c’è un vero e proprio copione: c’è una scaletta di battute tra loro sciolte e tanta, tanta improvvisazione con il pubblico; certo, il comico britannico ha una mole spropositata di risposte pronte, ma è anche molto bravo a recuperare quella giusta in tempo reale e merita perciò tutto il suo successo. Difficilmente materiale come il suo sarebbe proponibile da un collega italiano: Carr demolisce rapidamente qualsiasi tabù e, tra le altre cose, ci va giù pesante con gli insulti alle madri e alle fidanzate; questo, tralasciando i facili strali pseudofemministi (ma il comico maltratta ugualmente gli uomini), lo rende talvolta eccessivamente infantile e, naturalmente, limitato. Per il resto sul palco è comunque una macchina da risate. 6/10.
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