Regia di Shawn Levy vedi scheda film
Ormai la strategia produttiva cinematografica di Netflix appare sempre più chiara nella sua opera di colonizzazione di sempre più aree dell’intrattenimento globale, cercando di abbracciare contemporaneamente sia il cinema d’autore (da Roma a The Irishman fino al più recente Mank), strapagando registi e opere per un assalto sempre più prorompente all’Accademy e ad ogni altro genere di premio in giro per il mondo, che quel cinema cosiddetto di consumo di cui anche quest’ultima pellicola fa decisamente parte.
The Adam Project, pellicola che segna il ritorno della coppia Shawn Levy & Ryan Raynolds dopo il successo (sia di pubblico che di critica) di Free Guy (e prossimamente su Deadpool 3), si presenta come il classico film d’azione a sfondo fantascientifico per rivelare invece (un po' anche a sorpresa) un cuore molto più intimistico e personale, quasi romantico.
Pur strizzando l’occhio al cinema contemporaneo e presentandosi con una sequela di star dal forte richiamo popolare questi si rivela infatti più una cortina di fumo nascondendo al suo interno un’opera costruita invece più sui sentimenti inespressi e sui ricordi di una vita mozzata da una gravissima perdita, un film che a una cornice dall’approccio action preferisce una comedy familiare ma anche malinconica e struggente.
Sullo sfondo di un’incombente futuro distopico, di cui ci viene rivelato poco o niente (a dimostrazione della sua secondarietà rispetto alle reali intenzioni della pellicola) e che da enorme premessa di tutta la storia si sgonfia quasi in un McGuffin, The Adam Project mostra invece il suo spirito più anni’80, molto spielberghiano, vedi il prologo nella foresta del il piccolo Adam (con tanto di torcia e cane al seguito) a la scoperta molto alla E.T. di un visitatore inaspettato (proveniente invece che dalle stelle dal futuro), riunendo vari sottogeneri (ovviamente a partire dai viaggi nel tempo fino a Star Wars o agli Avengers) compresa la commedia familiare e romantica ma anche l’avventura adolescenziale e il romanzo di formazione in modo mai eccessivo o squilibrato riuscendo perfettamente nel suo intento: intrattenere, divertire e (a tratti) commuovere.
Protagonista un Ryan Reynolds come sempre irresistibile nei panni eroico-comici di se stesso (ma con un pizzico di intensità emotiva in più rispetto al solito), ormai da tempo trasformato in un brand estremamente remunerativo (quasi al livello di Dwayne Johnson) che questa volta interagisce con sagacia con un piccolo mini-me, il giovanissimo Walker Scobell nel panni del giovane Adam, rivelando fin da subito un’ottima chimica che li porta ad essere il vero valore aggiunta ad una pellicola altrimenti fin troppo anonima e derivativa, forse anche a causa di una writing room troppo affollata (Jonathan Tropper, T.S. Nowlin, Jennifer Flackett, Mark Levin).
Nel cast anche Jennifer Garner, Zoe Saldana, Mark Ruffalo e Catherine Kenner.
Alla fine rimane quindi una pellicola che sfrutta il viaggio nel tempo non soltanto come espediente di avventurosa e divertita spettacolarizzazione ma soprattutto come espediente per salvare il proprio passato, forse il proprio destino e quindi anche un po' di se stessi.
VOTO: 5
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