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Porno erotico western

Regia di Angelo Pannacciò vedi scheda film

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La recensione su Porno erotico western

di moonlightrosso
1 stelle

Raro da vedere ma non rammaricatevene!

I pochi fortunati (o sfortunati, mettetela come vi pare) che hanno avuto occasione di visionare questo film possono almeno sfatare un mito. Sino a ieri si è sempre creduto che "Porno Erotico Western" altro non fosse che "Lo ammazzò come un cane ma lui rideva ancora", opera prima del Pannacciò, ma in realtà diretta, o almeno così pare, dal suo ex sodale Luigi Petrini nel 1972 e addizionata di scene hard all'uopo realizzate. Nulla di più falso, amici miei! Si tratta di un film completamente e ontologicamente diverso dal primo: una sorta di versione poveristica dei westerns alla "Trinità", poco comico, poco erotico e ancor meno porno. Con tutta probabilità si tratta della pellicola favoleggiata da alcune riviste del settore (vedasi Nocturno in "Misteri d'Italia") e annunciata, in sede di lavorazione, con l'assurdo titolo di "Piede, Piedone, Piedino, Bionde Pistole e Pistolino".

La vicenda si incentra su uno scalcinato trio di banditi, interpretati da tre mediocri caratteristi del nostro cinema di genere, formato da Padre, "il saggio" (Remo Capitani), Figlio "il belloccio" (Lorenzo Piani), brutte anzi bruttissime copie di Bud Spencer e Terence Hill e uno sfigato (probabilmente Spirito Santo, anche se non lo si sente mai nominare come tale), interpretato da Tomas Rudy, alias Vito Gagliardi, recentissimamente scomparso, che dovrebbe essere "lo spirituale" del gruppo e che declama, in continuazione e a sproposito motti e proverbi, nonchè frasi in latino sgrammaticato.

Le deprimenti avventure del trio alle quali siamo costretti ad assistere per 1 ora e 15 minuti, tale è la durata del film, anche se sembrano un'eternità, consentiranno a Padre e a Spirito Santo di gabbare gli allocchi di turno, magari anche a suon di fintissime sberle esagerate dai soliti effetti sonori da baraccone nonchè a Figlio di spupazzarsi le loro mogli e fidanzate.

La figura femminile di maggior rilievo è l'ex bluebelle tedesca Rosemarie Lindt, attiva nella nostra cinematografia di genere degli anni sessanta e settanta, che qui appare molto più giovane rispetto alla datazione del girato. Si ritiene infatti che l'attrice in questione abbia interpretato scene di recupero da un film mai completato e del quale facevano anche parte attori presenti soltanto nei titoli di testa ma che di fatto non compaiono, come l'italianissima Karin Well (al secolo Wilma Truccolo). Compare, invece, sia pure per pochi secondi, ancorchè venga indicato nei credits con una certa rilevanza, l'immarcescibile re degli Z movies italiani Charles Pendleton, più noto come Gordon Mitchell.

Girato nella campagna laziale e con ambientazioni in un villaggio western in disarmo, pare di proprietà dello stesso Mitchell, il film sgomenta per l'assoluta povertà di mezzi e soprattutto di idee, nonchè per la totale latitanza di una sceneggiatura degna di tale nome. Sembra infatti che gli attori improvvisino di volta in volta come in una recita da scuola elementare e talora diano anche l'impressione di non sapere bene come andare avanti, il tutto secondo una peculiare caratteristica della filmografia di questo strambo regista.

Detto questo, si può a buon diritto concludere che il film, insalvabile sotto ogni profilo, non offra alcuno spunto di interesse, nemmeno per i più accaniti assertori del trash, se non fosse per la sua assoluta rarità, ma credetemi, non c'è davvero di che rammaricarsi.

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