Regia di Alain Resnais vedi scheda film
Che Resnais qui avesse (quasi) solo voglia di giocare è intuibile già dal breve lasso di tempo trascorso dal precedente duo La vita è un romanzo (1983) e L'amour à mort (1984): come già in quest'ultimo, il regista decide di rivolgersi ad un impianto palesemente teatrale e di parlare essenzialmente di sentimenti tramite una corposa quantità di dialoghi ed un'azione - teatralmente - piuttosto ridotta. Si tratta della trasposizione su pellicola di un testo dell'autore francese della prima metà del Novecento Henri Bernstein, morto nel 1954; per una volta quindi è lo stesso Resnais a mettere mano alla sceneggiatura, lui che si era sempre dichiarato lontano dal mondo della scrittura, anche se fondamentalmente il lavoro in tal senso qui è davvero ridotto. Per capirsi meglio, basti considerare che il primo cambio di scena arriva alla mezzora esatta dall'inizio del film; i personaggi centrali della vicenda rimarranno tre per tutto il film (con un quarto, quello della Ardant, che entra ed esce rapidamente nell seconda parte della storia) ed è probabile che, dato il buon livello degli interpreti, le riprese siano durate davvero poco. Anche perchè l'intesa con il trio Dussollier/Azema/Arditi comincia ad essere ottima, visto che il regista è al terzo film in cui conferma i loro nomi; in particolare con gli ultimi due la collaborazione proseguirà per tutto il resto della carriera di Resnais, fornendo un'eccezione alla regola del regista secondo cui ad ogni film il cast (anche tecnico) andrebbe sempre rinnovato completamente. Insomma, Mèlo è un grazioso esperimento secondo lo stile già adottato in L'amour à mort e anche per questa sua scarsa originalità di fondo risulta meno interessante; ad ogni modo Resnais tornerà a rinnovarsi con il successivo Voglio tornare a casa!, nel 1989, e quindi, questa volta, prendendosi tutto il suo tempo. 5,5/10.
Parigi, 1926. Maniche tradisce l'amato marito Pierre con l'amico e collega violinista Marcel; Pierre intuisce l'infedeltà, si debilita e si ammala. Maniche si suicida per la vergogna. Tre anni dopo Pierre ritrova Marcel e gli chiede cosa sia davvero successo fra lui e la defunta moglie.
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