Regia di Alessandro Blasetti vedi scheda film
Considerato dallo stesso Alessandro Blasetti il suo primo film meritevole di attenzione, fu tratto da un racconto di Gino Mazzucchi, co-sceneggiatore assieme al regista e a Emilio Cecchi, che prima delle riprese gli fece leggere anche le memorie di Giuseppe Cesare Abba, protagonista da giovane della spedizione.
Per il tono singolarmente spoglio e lo stile asciutto appare del tutto privo di trionfalismi e di ogni prevedibile retorica celebrativa, e per questo motivo dopo la guerra venne considerato “uno degli incunaboli del Neorealismo” (Morando Morandini). Ciò nonostante non mancò di essere oggetto di una lunga polemica di carattere storicistico, e di esser condannato per le sue consonanze sia pure implicite con la propaganda del regime fascista, fino al punto che lo stesso regista, per togliersi dall’imbarazzo ne curò una nuova edizione, uscita nel 1951, con circa cinque minuti di tagli e il secondo titolo (I Mille di Garibaldi).
In realtà - ha scritto bene Alfredo Baldi - “1860” è un film storico a cui preme solo “ricordare con quali sforzi, sacrifici, passioni fu possibile ottenere l’unità d’Italia, alla quale collaborarono uomini di tutte le regioni della penisola, come qui indica la compresenza dei più svariati dialetti parlati dalle camicie rosse”.
A ragione, si può allora condividere l’opinione di chi lo considera il capolavoro di Blasetti, che avendo assimilato al meglio la lezione del cinema sovietico della rivoluzione, riuscì qui a sposarla con la tradizione del cinema italiano verista.
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