Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film
Metà anni Ottanta, Napoli. Fabietto è quasi maggiorenne quando perde i genitori per un tragico incidente domestico. Da quel momento decide di voler diventare regista.
Ricapitolando rapidamente: se La grande bellezza (2013) era La dolce vita di Sorrentino e la decadenza della fine dell'impero berlusconiano era rappresentata in Loro (2018) con i toni del Satyricon, ecco che con È stata la mano di Dio Paolo Sorrentino ripercorre i fasti di Amarcord, con tanto di lunga scena del pranzo di ferragosto in famiglia, tra chiacchiere a base di regionalismi e personaggi mattocchi. L'originalità non passa da queste parti, men che meno stavolta: in questa pellicola il cineasta partenopeo sembra aver completamente esaurito le idee dopo avere appuntato su un post-it, a mo' di sceneggiatura, “Fellini”, “Maradona” e “tette”. L'unico argomento degno di rappresentare la trama è l'autobiografica morte dei genitori, dalla quale (verso tre quarti del film) inspiegabilmente nasce la volontà di Fabietto di fare il regista; tra l'altro fino a quel momento neppure si riusciva a capire che il protagonista della storia fosse lui. Si intuisce appena che ha un fratello maggiore, forse due (c'è un tizio che gravita sempre attorno a Fabio e al fratello: ma no, non è un altro fratello), e dovrebbe pure esserci una sorella (presumibilmente non troppo gradita a Sorrentino, poiché viene ritratta costantemente in bagno); si può azzardare che le vicende accadano da un'estate all'altra, ma a ben guardare tra l'arrivo di Maradona a Napoli e il primo scudetto trascorrono ben tre anni (1984-87) – e nel mezzo c'è oltretutto la parabola della 'mano di Dio', il gol irregolare segnato di mano da Diego Armando Maradona all'Inghilterra nell'estate del 1986. La sceneggiatura dello stesso Sorrentino non va tanto per il sottile: non ci sono stacchi temporali, non c'è nulla che indichi lo scorrere del tempo e si salta bruscamente di palo in frasca, tra estate, inverno e ancora estate. In aggiunta a ciò, appare davvero fastidiosa l'irrisolutezza nella scrittura di moltissimi personaggi, che entrano ed escono dalla pellicola senza spiegazione alcuna; la stessa zia Patrizia, che pure avrebbe un ruolo fondamentale nella trama, a un certo punto viene ricoverata in ospedale e dimenticata là. Ottimo a ogni modo Filippo Scotti nei panni del protagonista, con al suo fianco tra i tanti l'immancabile Toni Servillo e ancora Teresa Saponangelo, Luisa Ranieri, Renato Carpentieri, Massimiliano Gallo, Marlon Joubert, Betty Pedrazzi ed Enzo Decaro. 4,5/10.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta