Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film
L'adolescente Fabio Schisa è il minore di tre fratelli. Cresciuto nella Napoli degli anni '80, tra alti e bassi familiari e con la passione per il calcio, stimolata dalla presenza in città del celebre Maradona, vede la propria vita sconvolta da una tragedia imprevedibile; trova, anche grazie alle persone che lo circondano, la forza per andare avanti. Con quest'opera, parzialmente autobiografica, il regista partenopeo Paolo Sorrentino racconta la sua città d'origine, la cui cittadinanza trova unità nella venerazione del "mito" Maradona, e focalizza l'attenzione su un contesto sociale di media borghesia, reso su schermo nelle sue luci ed ombre. La prima parte del film presenta la famiglia estesa del protagonista. Tra le persone più vicine a lui ci sono una sorella perennemente chiusa in bagno (quasi volesse evitare il confronto con la realtà che la circonda) ed un fratello, Marchino, con velleità cinematografiche. I due genitori, il dolce Saverio e la spiritosa Maria, si vogliono bene e tra loro c'è forte complicità. Nonostante la presenza di motivi di discordia - Saverio ha da anni un'amante con la quale non può troncare i rapporti; ciò fa infuriare Maria e soffrire l'intera famiglia - i due rimangono uniti, tanto per affetto quanto per la tendenza al "quieto vivere" connesso al loro ambiente sociale. Ci sono poi gli zii, Franco e Patrizia. Quest'ultima, la cui sensualità - oggetto di stimolo per i giovani Schisa - è repressa dalla gelosia del violento marito Franco e forse anche dall'incapacità dello stesso di soddisfarla, dopo un aborto causato delle percosse dell'uomo, sceglie volontariamente il ricovero in una casa di cura psichiatrica. Anche gli altri parenti hanno i loro pregi e difetti. Piccole e grandi sventure della vita sembrano non compromettere la loro unità. Quasi protetto da questo contesto familiare, Fabio cresce sereno. Ma un'improvvisa disgrazia (alla quale scampa grazie al suo casuale trovarsi altrove per assistere ad un match calcistico) lo rende orfano; è la brusca fine della sua adolescenza. Alcuni parenti iniziano a trattarlo da adulto, rivolgendogli confidenze e rivelazioni insospettabili; inizia a conoscere ambienti più popolari grazie alla frequentazione con un giovane pregiudicato con cui stringe amicizia; un'anziana vicina di casa, molto esperta delle cose del mondo, gli risolve, a suo modo, un "problema". Si fa, infine pressante la necessità di scegliere cosa fare della propria vita. Mentre il fratello rinvia la questione, Fabio esprime la volontà, nonostante l'assenza di esperienza, di voler fare cinema, e non nella sua città, nella quale si sente limitato. Pertanto, parte per Roma, nonostante un incontro con il regista Capuano, "rude" nella sua sincerità, il quale lo invita a non "disunirsi", a non allontanarsi da quell'ambiente al quale il giovane è fortemente legato. Nel racconto è fatto costante riferimento a Maradona. Il giocatore argentino è elemento di coesione anche per la famiglia Schisa. E' apprezzato da tutti, nonostante le distanze ed i dissidi tra i vari parenti. Se ne parla quando non si hanno altre argomentazioni; per un anziano zio di Fabio, è stato Maradona ad aver evitato al giovane la stessa morte dei genitori. Il ritmo del film è lento; la prima parte è dedicata ad una minuziosa descrizione dei protagonisti ed ad una colorita presentazione dei comprimari. Dopo una parentesi dedicata alla ricostruzione della tragedia, estremamente toccante - sappiamo che i genitori del regista morirono così come descritto nel film - il ritmo rallenta ulteriormente. Non mancano sequenze oniriche - la presenza della figura benefica del "munaciello" - e la città non è rappresentata tramite stereotipi che ne evidenziano il degrado; gran parte del racconto è ambientato tra dimore eleganti e strade ben curate e mostra i personaggi attivi in consuete attività domestiche e conviviali. Buone le prestazioni di Toni Servillo (Saverio), Teresa Saponangelo (Maria) e soprattutto del giovane Filippo Scotti nel ruolo di "Fabietto", molto spontaneo sia nella prima parte del film, ove è mostrato crescere protetto dall'affetto dei familiari, sia nella seconda, ove lo vediamo più maturo, riflessivo e carico di rabbia, che esplode nel momento dell'incontro con il regista Capuano, il quale lo stimola a tale proposito, consentendogli una maggiore introspezione. Comprendiamo, dalle relative sequenze, cosa spinge il ragazzo a voler fare cinema. L'arte è per lui uno sfogo, un modo per raccontare il suo mondo, la sua storia, la sua angoscia. "E' Stata La Mano Di Dio" è rappresentazione sincera di una famiglia, una città, un dolore; racconta l'adolescenza del protagonista trasmettendo allo spettatore quali motivi e stimoli l'hanno spinto verso una determinata scelta di vita. Il regista Paolo Sorrentino ci dà modo di conoscere meglio la propria storia e la propria arte.
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