Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film
Arrivato al nono film, Paolo Sorrentino decide di approdare a lidi autobiografici che lo portano nuovamente dalle parti del suo idolo Fellini, stavolta in zona "Amarcord"; la mossa risulta arrischiata e certamente non scontata, anche perché il regista ha il coraggio di rievocare la morte di entrambi i genitori a causa delle esalazioni velenose di una stufa nella casa di montagna a Roccaraso. Dunque un Sorrentino estremamente personale, sincero e intimo con lo spettatore, ma anche con se stesso; un film che lo vede protagonista negli anni della sua formazione, ambientato completamente a Napoli, pieno di aneddoti familiari, affollato di personaggi e con alcune sequenze all'insegna del suo tipico gusto grottesco/caricaturale, anche se meno spinto rispetto a quello che fece nel pluripremiato "La grande bellezza". Fabietto Schisa é un giovane alla ricerca di un posto nel mondo che, dopo essersi confrontato con una delle tragedie più dolorose che la vita possa importi in un'età tardoadolescenziale, approda alla consapevolezza che vuole essere un artista e deve andare via: si tratta di un itinerario esistenziale completamente radicato nella biografia di Sorrentino, che sullo schermo ha la forza di risultare ancora fresco e vitale, anche se non é qualcosa di veramente inedito o sorprendente. Sorrentino sceglie una struttura narrativa libera, dove tiene sempre d'occhio il romanzo di formazione del protagonista ma riesce a dare il giusto peso anche a molte figure di contorno: é inevitabile che non tutti gli episodi abbiano lo stesso smalto e la stessa felicità inventiva, a me per esempio è sembrato un riempitivo soprattutto quello in cui Fabietto si lega in amicizia con un delinquentello che lo porta a Capri e poi finisce effettivamente in carcere, ma per il regista avrà avuto un rilievo di vita vissuta che potrebbe essere significativo. Nel ruolo di Fabietto è decisamente a suo agio Filippo Scotti, giovane attore che potrebbe fare molta strada e che ha vinto un meritato premio al festival di Venezia come miglior attore esordiente; fra i caratteristi Servillo é come al solito infallibile, Luisa Ranieri affascinante e intensa per quanto piuttosto sacrificata in termini di screen time, ma la palma della più brava personalmente la darei a Teresa Saponangelo nella parte della madre, a cui conferisce un umanissimo rilievo pur avendo poche scene a disposizione. È un capolavoro o no? Io mi manterrei piuttosto cauto, anche perché diverse sequenze appartengono a un repertorio abbastanza consolidato e non ci trovo una genialità tale da trasfigurarne la portata espositiva (l'iniziazione sessuale con l'anziana baronessa l'ho trovata ugualmente piuttosto "ordinaria"); rimane comunque opera di spicco per molti versi e anche figurativamente ammaliante, benissimo girata in una Napoli lontana dagli stereotipi turistici. E il finale con "Napule' " di Pino Daniele è un'idea, quella sì, davvero geniale.
Voto 8/10
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