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Voci dal profondo

Regia di Lucio Fulci vedi scheda film

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La recensione su Voci dal profondo

di undying
6 stelle

La penultima pellicola scritta e diretta da Lucio Fulci - come poi accadrà per il film testamento, "Le porte del silenzio" (1992) - è ispirata da un racconto breve del regista pubblicato per la prima volta sulla "Gazzetta di Firenze", successivamente riproposto nel libretto antologico "Le lune nere".


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Giorgio Mainardi (Duilio Del Prete) è stato, in vita, un perfido e avido uomo. La figlia Rosy (Karina Huff), a lui legata da un profondo senso d’affezione, a seguito del decesso del genitore ha improvvise e inspiegabili visioni. Il padre le confida, in sogno, di non essere morto per cause naturali e la prega di individuare il colpevole della sua dipartita. A tal fine indirizza Rosy verso la parentela, tutta composta da personaggi ben peggiori dello stesso defunto.

Nel frattempo il corpo astrale di Mainardi compare in sogno ai parenti, provocando loro orrendi incubi.

 

"Il nostro stato terreno è strettamente legato alla memoria che hanno di noi coloro che ci amano... o ci odiano."

(Giorgio Mainardi) 

 

scena

Voci dal profondo (1990): scena

 

Voci dal profondo è uno dei film più intimisti e personali di Lucio Fulci (1927 - 1996), forse ancor più autobiografico del precedente Un gatto nel cervello (1990). Nei primi anni Novanta, nonostante il cinema di genere abbia ormai da tempo raggiunto il traguardo, Fulci continua a praticare un filone ormai improponibile, soprattutto a causa di produttori inattendibili (esemplari le complicazioni di lavorazione, edizione e distribuzione cui è andato incontro Demonia, 1990, finanziato da Ettore Spagnuolo). Questa sarà purtroppo la sua penultima regia (alla quale farà seguito Le porte del silenzio, prodotto da Joe D’Amato), ispirata da un racconto scritto dallo stesso regista, pubblicato per la prima volta sulla "Gazzetta di Firenze" e quindi raccolto, assieme ad altre nove brevi storie, nel libricino antologico Le lune nere (1a edizione: Granata Press, 1992) [1]. Anche se resta chiaramente un'opera minore per via di un contesto produttivo che lésina sul budget e pone non pochi problemi alla libertà creativa dell'autore, non mancano comunque momenti riusciti, come quello che vede lo stesso Fulci intento a compiere un’autopsia (si vociferò, al tempo, vera) o alcune visionarie sequenze - via di mezzo tra sogno, allucinazione e percezione extrasensoriale - durante le quali il cadavere di Mainardi appare oniricamente ai suoi carnefici. Un giallo paranormale, costruito in senso inverso rispetto ai canoni, portato sullo schermo dopo una prima riduzione letteraria, ad opera dello stesso Fulci. A rendere di buon livello il lungometraggio, disattendendo le aspettative indotte da una produzione, come già detto, quasi disastrosa, hanno contribuito nomi fondamentali nella storia del cinema italiano: Vincenzo Tomassi (montaggio), Stelvio Cipriani (colonna sonora), Pino Ferranti (trucchi ed effetti speciali), Piero Regnoli (co-autore della sceneggiatura assieme allo stesso Fulci). 

 

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Voci dal profondo (1990): scena

 

La parola a Lucio Fulci 

 

"Mia madre se n'è andata, lo so, ma rivive ora che la sto ricordando. Detesto i pellegrinaggi del 2 novembre, anche se capisco la necessità dell'uomo di recarsi al cimitero per commemorare i propri cari, perché credo che spesso diventi una cosa da fare... punto e basta. Come altre festività, più o meno religiose: Primo Maggio, festa dei lavoratori (con cortei nelle piazze); 25 aprile, festa della Liberazione (cittadini attenti ad ascoltare bande paesane che suonano orgogliose l'inno di Mameli, seguito dall'immancabile discorso di un qualsiasi sindaco); o, appunto, il 2 novembre, dove tutti vanno al cimitero perché è il 2 novembre. La morte è l'unico vero punto fisso della nostra esistenza. E noi, ricordando i nostri morti con la memoria, li facciamo vivere: questo non succede sicuramente quando andiamo a depositare fiori sulla lapide (magari sostituendo quelli messi l'anno prima) perché convinti in un qualche modo che l'anima aleggi nei pressi della tomba vedendoci. Ho pensato a tutto questo, costruendo Voci dal profondo, dove la chiave di soluzione visiva è l'onirismo più totale. Ho portato il film su questi livelli in modo che la storia thriller della ricerca dell'assassino rimanga in secondo piano, come un pretesto. Giorgio Mainardi (Duilio Del Prete) era un uomo potente, ma ora è morto, vittima dell'egoismo del denaro: è stato ucciso. Lui vuole scoprire da chi e perché. (...) Rosy scopre tutto, si sente male: ne sono coinvolti quasi tutti i membri della famiglia; la madre, lo zio (amante della madre) e la matrigna del padre, tutti smaniosi di ricevere quell'eredità, che invece spetterà a Rosy (e comunque Mainardi era un uomo duro, cinico, amava solo la figlia e senza riuscire a dimostrarlo). Ora Rosy è davanti alla tomba del padre: non le interessa l'eredità, lascia tutto agli avvoltoi; non le frega niente della legge. Dopo aver scoperto tutto esterna il proprio disprezzo lasciando Villa Mainardi come a voler dire: «Non meritate nemmeno il giudizio degli uomini», per quanto relativo possa essere. Rosy ride (felicità o isterismo?), in sottofondo si odono anche le risa del padre. Una donna, in visita a un parente defunto, vede la ragazza ridere, si fa il segno della croce, forse lo crede un gesto blasfemo... Poi Rosy, senza dire una parola, si avvia verso l'uscita, vede un uomo di spalle... sembra suo padre. La ragazza cambia espressione, in meravigliata felicità. «Papà!», chiama ad alta voce. L'uomo si gira: non è suo padre. È un uomo qualunque, uno che se ne sta andando. Rosy muta di nuovo espressione, la muta in tristezza, ma solo per un attimo. Forse pensa: «Come ho fatto, anche se solo per un istante, a credere che mio padre potesse essere qui ora?». Rosy torna a sorridere. Scende saltellando le scale, come una bambina... Se ne va. Aleggia la sensazione che tutto quello che ha sognato, tutte le indicazioni che le ha lasciato il padre, forse sono state create dalla sua mente piena di dubbi... Così come gli incubi degli assassini nascono dai sensi di colpa. Com'è debole l'uomo... Il corpo è niente in confronto ai sogni e alla memoria, cose a cui diamo troppo poca importanza, poiché solo con queste rivivono i nostri cari. Non credo esistano altri modi... Per questo Mainardi comunica con la figlia attraverso sogni ambigui, visioni oniriche che la porteranno alla scoperta della verità; e mentre lei conosce e impara ad amare il padre e viceversa, io mostro il cadavere di Mainardi che si decompone, si dissolve. Anche dopo la scomparsa del corpo, il morto è sempre presente: mi ricordo che durante le riprese degli interni per lo stesso film c'era una certa atmosfera... La villa di Mainardi era la villa che una volta apparteneva al caro Luchino Visconti. Aleggiava una certa cupezza, accadevano cose curiose... Sembrava che lo stesso Luchino fosse presente continuamente. Oppure non voleva che girassimo un thriller nella sua casa (e ride). I morti sono sempre presenti nei luoghi dove sono vissuti nel mondo terreno, forse perché li si sta ricordando. Ma questo non vuol dire che dopo la morte l'anima resista. Oppure... non lo so. Mi sono spesso fatto affascinare da articoli riguardanti racconti di persone che affermavano di essere morte, e poi di essere tornate in vita. Ci sono molte documentazioni a riguardo. Poi un giorno, quand'ero ancora all'ospedale (per la stessa malattia che lo tenne lontano anche dal lavoro per quasi tre anni), incontrai un uomo che mi raccontò un'esperienza analoga: mi disse che dopo un arresto cardiaco era clinicamente morto, invece lui si sentiva libero, leggero, e vedeva dall'alto il suo corpo inerme tra medici indaffarati. Poi il cuore riprese a battere e lui si risvegliò nel lettino accanto al mio. Non so se era una suggestione quella che aveva provato, forse data dal dolore, dalle anestesie, fatto sta che quel racconto mi suggestionò e lo portai in un film, Aenigma." [2]

 

[A proposito delle scene di guerra civile in Jugoslavia, trasmesse nei telegiornali]

"È sconcertante. Questi ti sbattono in faccia, in primo piano, un bambino torturato, morto con la gola tagliata, in un sacco di plastica... Immagini gratuite... non si sa chi è, dove lo portino. Una sequenza scioccante, raccontata da speaker con una faccia addolorata simile a quella del peggior attore che abbia mai avuto. E poi fanno causa a me, o a chi come me costruisce film dell'orrore perché violento, perché affermano che questo tipo di film può inneggiare alla violenza. Io, che ho avuto noie perfino in Voci dal profondo quando mostro, in un incubo, Mainardi accoltellare un bambino sul letto, costruendo la scena in modo che si potesse vedere chiaramente che il bambino era un manichino. Non volevo assolutamente che si mostrasse una violenza su un bambino, e io con gli effetti speciali avrei potuto raggiungere ben altri risultati. Da anni l'orrore viene proposto a orari impossibili, su televisioni minori (e spesso maciullato da una arbitraria censura che taglia tutte le scene violente, dimenticando che la violenza non è nelle immagini ma nella vita), perché dicono che essendo alla portata di tutti, bambini compresi, possa turbare una certa tranquillità emotiva. E poi in seconda serata ci spappolano sul video le immagini della sala di tortura del mostro di Milwaukee, spiegandoci le torture, facendoci vedere i resti di cadaveri portati via in sacchi, e piccole scatole contenenti i coglioni delle vittime! È orribile: l'orrore, quello vero, è diventato spettacolo." [3]

 

"Il terrore in realtà è già morto. Credo che Voci dal profondo, che a molti non piace, e Le porte del silenzio siano già un nuovo orientamento nel terrore e nel thriller (anch'esso non esiste quasi più); perché sono film di tensione. Di tensione interna, soprattutto, come negli incubi, dove spesso si ha paura per nulla (o per il Nulla)." [4]

 

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Voci dal profondo (1990): scena

 

Attorno al cast artistico 

 

Karina Huff - Una (breve) "vacanza" al cinema
Attrice di belle speranze, Karina Huff, protagonista di Voci dal profondo, esordisce nel cinema per Carlo Vanzina sui set di Vacanze di Natale, un film che le garantisce enorme popolarità e Sapore di Mare (entrambi datati 1983). Dopo una manciata di titoli poco riusciti, anche se alcuni di successo - tra i quali citiamo Domani mi sposo (1984), La partita (1988), La casa nel tempo (1989) e Le nuove comiche (1994) -, la Huff decide di fare ritorno in Inghilterra e di riprendere una vita normale (con marito e due figli) lontana dai riflettori, dedicandosi all'attività di maestra elementare.

 

Galeotto fu il televisore

L'attore romano Lorenzo Flaherty (classe 1967), destinato a diventare celebre come protagonista di alcune interessanti fiction televisive (Piazza di SpagnaIncantesimoDistretto di poliziaRIS - Delitti imperfetti), in Voci dal profondo interpreta un breve ruolo nei panni di Gianni. Flaherty aveva già preso parte a Dèmoni 2 - L'incubo ritorna (1986, Lamberto Bava), film che rimane a testimonianza del suo debutto cinematografico.

 

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Voci dal profondo (1990): scena

 

Curiosità 

 

Una proiezione anticipata del film si è tenuta nella primavera del 1991, a Bologna, ospite lo stesso Lucio Fulci, alla prima - e unica - edizione del Fangoria Film Festival.

 

Sui titoli di coda compare la dedica del regista a Claudio Carabba (il primo critico che ha preso posizione rivalutando, in anni non sospetti, l'opera di Lucio Fulci) e Clive Barker.

 

Singolare la seguente affermazione di Fulci, che sembra essere stata condizionata dal soggetto di Voci dal Profondo e che appare - comunque - pertinente, per affinità di contenuto, con la penultima regia:
"Se rimango nella memoria, secondo una mia tesi, di chi mi ha amato e mi ricorda, io vivo lo stesso." [5]

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Voci dal profondo (1990): scena

Nella foto sopra: cameo di Fulci nei panni dell'anatomopatologo

 

Estratto dal racconto breve "Voci dal profondo" 

 

"Il medico effettua l'autopsia sul cadavere di Giorgio. Le viscere vengono asportate dal corpo, analizzate e sistemate in un piccolo contenitore di vetro. La diagnosi del perito settore non lascia dubbi: emorragia interna con la lacerazione dei condotti intestinali. Non processi morbosi... non processi cancerogeni... Il viso cereo di Giorgio che pare ascoltare quelle parole, mentre i reperti delle viscere vengono sistemati a parte per la prova antiveleni." [6]

 

Ringraziamenti di Lucio Fulci pubblicati in appendice de Le lune nere

 

"A Piero Regnoli: per la collaborazione a Porte del nulla.

A Daniele Stroppa: per la collaborazione a Voci dal profondo.

A Gabriele Marconi: per la collaborazione a Buoni.

A mia figlia: per avermi sopportato.

Alla Francia: per tante prove di stima.

Ad Antonio Tentori: per il suo appoggio morale continuo.

Ad Antonio Bruschini per la sua amicizia e la sua utilissima umanità.

Agli strozzini per il loro appoggio materiale (d'altronde ben remunerato).

Alla disperazione: per aver ispirato Attesa.

Ai miei nipoti: per avermi spinto contro me stesso al realismo di Uomo di guerra.

A M.A. e P.A. per la coppia di Gourmet.

Al ricco, brutto, volgare e potente G.d.C. per il padre di Contestazione.

A Gelco, lo jugoslavo fuggiasco che a Trani dormiva dove poteva e diceva: «sogno, senza speranza», per In assenza di Dio.

A chiunque riterrà, dentro di sé, anche una sola frase di queste mie storie."

(Lucio Fulci, 1992) [7]

 

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Voci dal profondo (1990): scena

 

Scatole cinesi

 

"Da Voci dal profondo: Mario fa parte del complotto che ha portato all'omicidio di Giorgio Mainardi. Ha la coscienza sporca, sta avendo un incubo: è nel cimitero della città, in una tomba di famiglia, molto stretta, con lunghi muri laterali pieni di tombe. Sopra, al centro, una vetrata riflette una luce multicolore. Sente dei rumori, ha paura. Ma di fronte c'è un'altra porta, e lui vi si getta con nervosismo. Aprendola scopre lo stesso posto, la stessa luce, le stesse tombe e di fronte un'altra porta. Mario apre ansimante anche questa, ma ancora lo stesso luogo. Lui ha sempre più paura, il battito del cuore si fa più serrato, incessante, martellante nel cervello: continua a camminare, ad andare avanti, a cercare un'uscita. Ma non ci sono uscite nel suo incubo, le lapidi si frantumano, i morti escono dalle tombe, lo afferrano. Lui grida, cerca di divincolarsi, ma non c'è niente da fare; almeno in sogno il rimorso lo fa schiavo. Avete in mente le scatole cinesi? Si incastrano l'una con l'altra, vi fanno illudere che siano vuote, invece coesistono contenendosi...

Un meccanismo ossessivo d'illusione di tempo e di spazio."

(Michele Romagnoli) [8]

 

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Voci dal profondo (1990): scena

 

Voci dal profondo: location, modalità e tempi di ripresa 

 

"Il film, col titolo di lavorazione Messaggio dalla morte, fu girato in 16 mm, per quattro settimane, a partire dal 18 giugno 1990, a Castelgandolfo (dove si trovano la villa, il lago e i boschi limitrofi) e nei teatri Elios. Per le scene in ospedale furono utilizzati alcuni ambienti del Sant'Eugenio di Roma, mentre il cimitero prescelto fu quello di Castelnuovo di Porto. Le locations furono individuate e ricostruite da Antonello Geleng, che ricorda così la propria collaborazione al film: 'Per Voci fui chiamato da Fulci. Partecipai alla preparazione del film, ma non alle riprese. La villa la trovai sotto Rocca di Papa, vicino alla residenza estiva del Pontefice, tra la collina e il lago, da alcuni decenni apparteneva ai conti Piscicelli, nobili di origine napoletana (...). Fu abitata per un periodo da Visconti, ma si parla degli anni Quaranta (...). Era una villa in cui gli interventi sono stati minimi, era già pronta. Serviva una magione un po' misteriosa, che fosse però vicino Roma, raggiungibile al massimo con mezz'ora d'automobile, e che non fosse sfruttatissima dal cinema. Perché Fulci, comunque, non amava cascare su luoghi deputati, dove giravano tutti. Se gli avessi proposto le classiche ville dell'Olgiata, oppure quelle già 'consumate' sia dai caroselli che dai film, me le avrebbe bocciate. Allora andai a spulciarmi delle ville praticamente vergini dal punto di vista cinematografico. Quella non era mai stata utilizzata, mi sembrava molto suggestiva. Oltretutto, il film non doveva essere ambientato a Roma, quindi quel tipo di architettura e di paesaggio ci consentivano di poter raccontare che era in un posto qualunque dell'Italia. Poi, con tutte queste 'boiserie, queste scale, era molto fotogenica (...). Realizzai anche il ritratto di Duilio Del Prete che si vede in alcune scene del film'.

Voci dal profondo è stato girato dunque su un set che di per sé evocava l'idea di un contatto con i morti e con un morto in particolare, visto che, come raccontato da Geleng e anche da Fulci nel libro di Romagnoli (L'occhio del testimone, n.d.r.) le riprese ebbero luogo in quella che era stata la villa di Luchino Visconti ('Aleggiava una strana cupezza, accadevano cose curiose. Sembrava che lo stesso Luchino fosse presente continuamente'), creando così un suggestivo parallelismo tra le atmosfere degli ambienti e quelle narrate dal film: ('I morti sono sempre presenti nei luoghi dove sono vissuti nel mondo terreno. Forse perché li stiamo ricordando'). Oltre a Geleng, Fulci arruolò per il film, ancora una volta, tutti quelli che erano entrati in pianta stabile nella sua ennesima factory: la figlia Camilla come aiuto regista, Pino Ferranti al trucco, Sandro Grossi alla fotografia. Alla solita fauna di attori tardo-fulciani a bon marché come Paolo Paoloni, figura purtroppo irrimediabilmente marchiata dall'esperienza di "megadirettore galattico" nei primi due capitoli della saga del ragionier Fantozzi, si aggiungono l'ex-ninfetta vacanziero-vanziniana Karina Huff, il mesto Pascal Persiano, l'eccellente Duilio Del Prete e un giovanissimo Lorenzo Flaherty nei panni del belloccio di turno. Tra gli interpreti previsti e mai utilizzati, nel ruolo di Rosy figurava la futura star Maria Grazia Cucinotta e Roberto Bisacco nei panni di Giorgio Mainardi.

(Paolo Albiero e Giacomo Cacciatore) [9]

 

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Voci dal profondo (1990): scena

 

Critica 

 

"Per il soggetto e la sceneggiatura, Fulci si fa aiutare dagli esperti Daniele Stroppa e Piero Regnoli. Il risultato è un film diseguale che trasmette una visione pessimistica della vita e dell'istituto familiare in particolare. La prima parte, dopo un inizio piuttosto forte, è efficace nel tratteggiare con rapidi flashback il defunto e i suoi rapporti con i familiari e nel dare corpo al nido di vipere che si trova sotto la patina di una apparente rispettabilità. Interessante è anche l'idea che un uomo che ha vissuto da egoista cerchi di scoprire la verità sulla sua morte attraverso la figlia, l'unica persona che ha veramente amato e che lo mantiene vivo come spirito attraverso la forza del ricordo. Purtroppo, però, l'indagine procede a rilento e produce esiti scontati. Fulci dirige con partecipazione trovando nella decadenza e nella corruzione materia adeguata alle sue corde ma, pur piazzando alcune immagini bizzarre, non riesce a nascondere la banalità della seconda parte. Gli zombie fulciani ricompaiono in un incubo di Pascal Persiano. Il cast non è eccezionale. Duilio Del Prete è adeguato, Karina Huff è carina e offre qualche timida scena di nudo, ma non è sempre convincente. Paolo Paoloni fa il nonno immobilizzato e guatante dalla sedia a rotelle, sorta di poco incisiva versione maschile di Teresa Raquin. Lucio Fulci si ritaglia un cameo come medico che esegue l'autopsia. Musiche di Stelvio Cipriani."

(Rudy Salvagnini) [10]

 

"Conosciuto anche come Urla dal Profondo, questo film è un ottimo giallo dalle atmosfere cupe e dalla fotografia lattiginosa. Prodotto destinato all'home video, voluto da Antonio Lucidi che già aveva finanziato la sfortunata serie Lucio Fulci Presenta e Un gatto nel cervello, questo film soffre di un budget scarso che lo porta a rovinare un valido e affascinate spunto creativo di Fulci. Il cast di attori è scadente, quello tecnico pure. Resta solo l'idea del regista: la strana morte di un uomo detestabile, che potrebbe essere stata causata da tutti i membri della famiglia. Giorgio Mainardi (il compianto Duilio Del Prete amato dal pubblico nel ruolo del barista Necchi in Amici miei) muore, vomitando sangue dalla bocca, a causa di un'incomprensibile quanto terribile emorragia interna. Toccherà a sua figlia Rosy (Karina Huff: attricetta inglese, biondina sexy ma non troppo, tipico volto dei primi film dei Vanzina, già usata da Fulci per il televisivo La casa nel tempo) far luce sulle beghe familiari e su quanto di più marcio ci possa essere in una piccola comunità di provincia. Immancabile il contatto medianico, tra i vivi e i morti, tipicamente fulciano."

(Gordiano Lupi) [11]

 

"Più che in Un gatto nel cervello, dove il materiale povero a disposizione ha una sua accorta utilizzazione, è in questo film che si avverte la scarsità del budget. Sia per gli attori, non tutti convincenti, sia per i trucchi. Seppur efficace e con momenti intensi e coinvolgenti (l'apparizione di famelici zombi, le visioni dello spettro del padre, gli incubi surreali) il film non risulta all'altezza delle altre opere del regista. Ultimo film in assoluto del poeta del macabro è il profetico Le porte del silenzio (1991), che il regista dirige basandosi su un suo racconto pubblicato su La Gazzetta di Firenze. Il film crea anche un singolare sodalizio con il collega Joe D'Amato, che produce la pellicola con la sua Filmirage e, grazie a un budget più cospicuo rispetto a quello degli ultimi film, Fulci ha la possibilità di girare in Louisiana, dove la storia è ambientata, con John Savage come protagonista."

(Antonio Bruschini e Antonio Tentori) [12]

 

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Voci dal profondo (1990): scena

 

A proposito di Lucio Fulci [13]

 

"In ogni sua pellicola, anche nelle vituperate commedie di Franco e Ciccio, c'è sempre almeno un'idea, una trovata di grande cinema, un'inquadratura da maestro... Abili movimenti della macchina da presa, splendidi primissimi piani, interpreti efficaci nonostante le scarse risorse economiche a disposizione, cura per i dettagli, panoramiche degne dei prodotti americani spesso da noi sopravvalutati."

(Fabio Giovannini)

 

"E' un regista tutto da scoprire, un vero autore con la A maiuscola."

(CAHIERS DU CINEMA)

 

"C'è più Italia nei suoi Franco e Ciccio che in tanto cinema d'autore, che lui definiva 'costituzionale' per quel che di tronfio e spocchioso comporta l'aggettivo."

(Stefano Della Casa)

 

"In una certa maniera il cinema alienato e le visioni disordinate di Fulci ci consentono di tracciare una nuova genealogia del cinema per trovare le sue origini non nel teatro, nella fotografia o nella letteratura, ma nel mito. Pertanto il cinema non sarebbe altro che magia e religione. Erotismo sublimato degli oggetti e delle stesse persone reificate come immagini. Drammi sacri proiettati nella caverna platonica della nostra mente."

(Jesus Palacios)

 

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Le lune nere, prima edizione (Granata Press, 1992)

 

Visto censura  [14]

 

Con il titolo di Urla dal profondo, il penultimo lungometraggio diretto da Fulci ottiene nulla osta (n. 86776) in data 13 giugno 1991, passando integralmente in censura.

 

Dal verbale allegato al nulla osta:

"La Commissione di revisione cinematografica, visionato il film (...) esprime parere favorevole alla concessione del nulla osta di proiezione in pubblico con il divieto di visione per i minori degli anni 14, dato il tema dominante che è quello della violenza, sul quale si innestano argomenti come quello dell'autopsia e della trasfigurazione cadaverica, raccapriccianti e poco adatti per soggetti in età evolutiva."

 

Metri di pellicola accertati: 2500 (92' a 24 fps).

 

 

NOTE 

 

[1] Dalla stessa antologia Fulci tradurrà in film anche il racconto dal titolo Porte del nulla, destinato a restare il suo ultimo lavoro cinematografico (Le porte del silenzio).

 

[2] [3] [4] "L'occhio del testimone - Il cinema di Lucio Fulci", a cura di Michele Romagnoli (Granata Press), pag. 9 - 10 - 11 - 24 - 37.

 

[5] "L'opera al nero" - Dossier Nocturno Cinema (nuova serie n. 3), a cura di Manlio Gomarasca.

 

[6] [7] "Le lune nere", Lucio Fulci (Granata Press), pag. 22 - 139.

 

[8] "L'occhio del testimone - Il cinema di Lucio Fulci" (Granata Press), pag. 27.

 

[9] "Il terrorista dei generi - Tutto il cinema di Lucio Fulci" (Unmondoaparte), pag. 317 - 318.

 

[10] "Dizionario dei film horror" (Corte del Fontego), pag. 776.

 

[11] "Storia del cinema horror italiano - Da Mario Bava a Stefano Simone" (Edizioni Il Foglio), pag. 198 - 199.

 

[12] "Operazione paura  - I registi del gotico italiano" (Punto Zero), pag. 50.

 

[13] "Lucio Fulci - Il poeta della crudeltà", a cura di Antonio Bruschini e Antonio Tentori (Profondo rosso edizioni), pag. 209.

 

[14] Dal sito "Italia Taglia".

 

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Voci dal profondo (1990): scena

 

"Che cosa mi manca? Mi mancherebbe tanto di morire, perché io l'inferno della vita me lo sono goduto tutto."

(Alda Merini)

 

Trailer 

 

F.P. 04/07/2023 - Aggiornamento della recensione pubblicata in precedenza su DarkVeins - Versione visionata DVD Raro Video (durata: 85'26")

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