Regia di Paul Thomas Anderson vedi scheda film
A-mors, pare che il termine derivi (probabilmente) dalla somma di un'alfa privativa e del termine morte. Magnolia pare prendere spunto da questo semplice assunto etimologico, sublimando il concetto opposto per sondare in profondità la natura umana. Tutto diventa pura estetica del dolore e della morte; l'amore fa capolino nel finale per finire preda dell'espiazione e trasformarsi in un estremo gesto d'odio. E' l'amore a morire, in definitiva, in ogni forma si manifesti. Il film è un capolavoro di estetica, la fotografia è ottima e gli attori in perfetto stato di forma. Inevitabilmente, essendo la morte il filo conduttore di tutto, si sviluppa su una tavola a tonalità di grigio fatta di pioggia incessante, volti sospesi nel dolore o nell'introspezione e dialoghi sofferti. Bel film, pesante per molti versi ma fortemente introspettivo.
APPENDICE: a distanza di quasi un anno dalla visione di questo film mi sento di aggiungere due considerazioni. Magnolia resta impresso, le sue immagini, le sue tinte e soprattutto le emozioni persistono nella memoria con grande intensità. L'altra considerazione riguarda una disciplina nota come Mindfucking, Magnolia fotte la mente nel senso letterale del termine. Mostra il grande potere della morte, la sua capacità di piegare i giudizi morali ed ammorbidirne la ferocia. I personaggi di questo film sono tutti moralmente criticabili in misura diversa e tutti ottengono espiazione e redenzione attraverso la malattia o la morte. Per certi versi Magnolia offre un termometro con cui lo spettatore può valutare l'intransigenza dei suoi valori morali e la loro capacità di flettersi di fronte alla vulnerabilità più grande dell'uomo, la sua paura di morire.
Probabilmente la sua interpretazione migliore.
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