Regia di Werner Herzog vedi scheda film
Non avendo visto il film muto di Murnau del '22, che si chiamava Nosferatu per una controversia per i diritti d'autore che costrinse il regista a cambiare nome al personaggio, ho potuto vedere questo remake-omaggio di Herzog senza sapere benissimo le caratteristiche del film originale, ma questo non ha rovinato la visione.
Sta poco in piedi un eventuale paragone col Dracula coppoliano, dove i personaggi sono stravolti e il tutto risulta sfavillante e molto hollywoodiano. Herzog continua la sua collaborazione con Klaus Kinski e fa di lui un vampiro sofferente e intimista, più costretto a nutrirsi di sangue che malvagio, afflitto dall'impossibilità di invecchiare e morire; Jonathan Arker è interpretato da Bruno Ganz (senz'altro tutta un'altra storia rispetto a Keanu Reeves): altro bravo attore ed altro personaggio convincente, che dal castello del conte torna a casa dalla sua Lucy così stravolto da non riconoscerla nemmeno. Nel frattempo, il conte giunge a Wismar chiuso in una bara fra le tante caricate su una nave, in cui massacrerà l'equipaggio e con cui porterà la peste con i milioni di topi nascosti nelle altre bare...
Herzog rappresenta i paesaggi da par suo e confeziona un'altra opera che vira al malinconico nascondendo l'orrore, tramutandolo nella sofferenza "umana" del Nosferatu ("non estinto") e di Lucy, sconvolta dallo strano ritorno del suo Jonathan e dalla visita del conte e indecisa su cosa fare, aiutata poi più dalle superstizioni di un libro che dal dottor Van Helsing; conturbanti le scene in cui a Wismar imperversa la peste e i pochi sopravvissuti brindano ai loro ultimi giorni di vita in una piazza colma di cavalli morti e topi, senza dimenticare il bel finale. Herzog prende una trama horror e mette in piedi una tetra poesia in immagini.
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