Regia di Jean-Luc Godard vedi scheda film
Un uomo (A. Delon) viene raccolto per strada e portato a casa da una ricca contessa (D. Giordano). Diventano amanti fino a che, durante una gita in barca, lei lo lascia annegare. Poco tempo dopo si ripresenta alla porta un "nuovo" individuo identico all'ex amante annegato. E' il fratello? La contessa, che prima era una donna vitale e decisa, diviene mansueta; il “nuovo lui” da uomo passivo e assente si è tramutato in persona sicura e dinamica.
Quanto fin qui rivelato sulla trama non deve affatto preoccupare chi non ha visto il film. Non conta nulla. Il cinema di Godard non è mai stato un cinema di storie e questo “Nouvelle Vague” non è da meno. Le vicende si dissolvono poco alla volta in un limbo di digressioni sotto forma di suoni, rumori, musica, citazioni, sottomessi come sudditi al culto dell'immagine. Immagine che come ben osserva il Morandini non è “il fine, ma il mezzo della comunicazione per trasmettere qualcosa che è al di là: le idee, i concetti”. Godard continua a perseguire instancabilmente quella pura potenza espressiva che solo l'epoca del muto poteva dare. Lo fa alla sua maniera procedendo sulla via dell'antinarrazione e disseminando il racconto di tempi morti ed inazioni. Sembra quasi inseguire una “tempistica da libro” in cui poter fermarsi, tornare indietro o balzare in avanti, in modo da concedere spazio alla riflessione ed interrompere quindi l'incessante flusso audiovisivo.
Ma forse quanto detto è solo un'ipotesi campata in aria, anche se mi è balenata in testa altre volte.
“Nouvelle Vague” è una pellicola a tratti sfiancante e che non viene voglia di rivedere non appena giunti alla fine; non deve essere liquidato, però, come un semplice giochetto di un intellettuale snob.
“Nouvelle Vague” è un'ulteriore dichiarazione d'amore che Godard dedica al cinema.
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