Regia di Peter Rush (Filippo Maria Ratti) vedi scheda film
Curioso horror stregonesco che sembra subire l'effetto di due stagioni cinematografiche: quella del gotico italiano (nel 1971 già conclusa da tempo) e quella dell'erotismo (con predominanza di scene lesbo). Affascinante.
Jean Duprey (Pierre Brice) riceve una enigmatica lettera da parte dello stravagante Guillaume di Saint-Lambert: decifrandola capisce che l'uomo è in pericolo e lo raggiunge al castello di proprietà, accompagnato dalla moglie Danielle (Patrizia Viotti). Viene accolto dalla consorte del principe, Rita Lernod (Angela De Leo), e scopre che l'amico è veramente ammalato. Il tutto sembra ripetersi in maniera "ereditaria", perché raggiunta l'età dei 35 anni ogni Saint-Lambert (di linea maschile) contrae una misteriosa affezione, che lentamente conduce alla morte. Jean scopre che nel medioevo un antenato dell'amico aveva condotto al rogo Tarin Drole: donna accusata di commercio col demonio e colpevole di stregoneria. Mentre Danielle subisce morbosi approcci notturni ad opera di Rita, nei paraggi alcune ragazze vengono ferocemente assassinate. Un antico grimorio svela a Jean dettagli rivelatori sul significato del nome Tarin Drole e sul potere dell'ametista, minerale contenuto in un anello ricevuto da Guillaume di Saint-Lambert, prima del decesso.
Piccolo gioiellino misconosciuto, che affronta il tema gotico con certo coraggio (nella versione approntata per il mercato francese ci sono sequenze saffiche più intense), il film di Ratti (regista celebre per avere firmato la regia de I vizi morbosi di una governante) ha il pregio di proporre un tardo gotico con forte connotazione erotica. Regia meticolosa, interpreti convincenti, sceneggiatura puntigliosa e un "valore aggiunto": l'epifania dell'orrida strega, con tanto di naso bitorzoluto. Discreta la colonna sonora di Carlo Savina, prelevata però di peso da Malenka, la nipote del vampiro, diretto da Amando De Ossorio qualche anno prima e in parte utilizzata anche in Contronatura (Antonio Margheriti 1969). Nella copia più "audace" del film - realizzata solo per i mercati esteri - fanno capolino scene orgiastiche, non prettamente hard ma senz'altro più spinte dei coevi prodotti sexy, in quanto caratterizzate da un taglio lesbico poi convalidato nella scena in cui Angela De Leo seduce Patrizia Viotti (sequenza epurata nella versione italiana).
La notte dei dannati: scena
Curiosità
Il regista Filippo Walter Ratti aveva in precedenza avuto grane con la censura, durante la lavorazione di Erika, sorta di anticipatore del samperiano Malizia.
La figura del principe Guillaume di Saint-Lambert rimanda - per il suo debole e avvilito carattere, nonché per un male sconosciuto che prende il sopravvento - al personaggio di Usher nel ciclo diretto da Corman e ispirato agli scritti di Edgar Allan Poe. Non solo: anche l'arrivo al castello di Jean, e in generale il clima di malsane sensazioni che predomina nel primo tempo, sembrerebbe essere in debito con certi titoli diretti da Corman (verso la metà degli Anni '60), tipo Il pozzo e il pendolo o I vivi e i morti.
L'epifania della strega si verifica mediante progressiva trasformazione di una bella ed affascinante ragazza (che ha i delicati lineamenti di Angela De Leo) in orripilante (e purulenta) vegliarda, il cui segno distintivo risalta, come da iconografia fiabesca, in un lungo e bitorzoluto nasone. Tarin Drole, ovvero la megera nella sua veste stregonesca, ricorda inevitabilmente un'altra (più) celebre arpia: l'Elena Markos che Dario Argento tratteggia pressochè alla stessa maniera (e sempre nelle sequenze finali) in Suspiria (1977).
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