Regia di Bert I. Gordon vedi scheda film
Pubblico qui i risultati delle mie ricerche sulla depressione.
Ho notato che il depresso, caratterizzato dall'aspetto smorto e sovente apatico, nonchè lamentoso, dichiarato incurabile dopo anni di lunga e penosa analisi del suo super-io, reagisce sorprendentemente se rinchiuso in una grotta insieme ad un grosso aracnide famelico.
Il viso prima pallido si colora all'improvviso, gli spuntano le ali ai piedi, gli passa la voglia di lamentarsi, e corre i cento metri in un secondo.
Ne deduco, quindi, che la depressione altri non sia che il prodotto di una mente troppo impegnata a riflettere su sè stessa. In altre parole - e qui mi rivolgo agli specialisti del settore - la depressione è causata non dal pensiero, ma dal pensiero che ci pensa. Cioè: non siamo noi a pensare, quanto il pensiero a pensare noi.
Ecco la sequenza: il cervello si mette in moto da solo, ma senza qualcuno che gli dia qualcosa a cui pensare produce da sè dei pensieri automatici, simili a un mare in tempesta che fanno perdere il controllo della barca al timoniere.
Questo stato, caratterizzato dall'impossibilità di vedere il faro sulla costa che illumina il cammino, e dalla presenza della buia notte e dell'oscuro mare in tempesta, dà il nome "male oscuro" alla depressione.
Ci sono altre osservazioni che sembrerebbero convalidare la mia teoria.
Per esempio, ho notato anche che il viso del depresso, prima inespressivo, non solo si colora, ma sembra dare segni di spavento. Gli occhi prima spenti, si accendono all'improvviso, e al posto del povero paralitico compare uno splendido atleta.
Ho dunque ragione di credere che, al contrario di quanto pensano alcuni colleghi più tradizionalisti, la depressione non abbia radici fisiologiche, ma che queste, al contrario, non siano radici, ma la conseguenza di questo "essere pensati".
E' fra i molti tentativi di edificazione dell'edificio immenso del sapere scientifico, al cui cospetto mi sento una misera mosca appena, che il presente contributo si colloca.
Vorrei ringraziare il ragno, nero e assassino, peloso e repellente, per essermi stato di preziosa ispirazione. Senza di lui, il mio lavoro sarebbe rimasto infruttuoso.
20 Dicembre 2009.
- - - - - - -
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta