Regia di Leonardo Di Costanzo vedi scheda film
Il carcere di Mortana, situato nella profonda Sardegna, deve essere chiuso, i suoi detenuti trasferiti e così anche i secondini e tutto il corpo di sorveglianza. Peccato che proprio a poche ore dalla chiusura definitiva, la direttrice mette al corrente l’ispettore più anziano della polizia penitenziaria, Gaetano Gargiulo (Tony Servillo), che 12 detenuti dovranno ancora rimanere a Mortana in attesa di essere accolti nel carcere di Albegna. Per questo motivo, lui e un piccolo gruppo di colleghi dovranno rimanere per far mantenere l’ordine e far rispettare le regole ai 12 ospiti.
In questo periodo di attesa, tutte le attività lavorative ed educative, i colloqui con i familiari e il servizio di cucina verranno sospesi, i pasti saranno serviti tramite un catering. I detenuti vengono spostati dalle loro celle e portati nel panottico carcerario, dove per i guardiani è più semplice avere la situazione sotto controllo. Dopo poche ore, un tredicesimo ospite arriva al carcere, si tratta di Fantaccini, un giovane già conosciuto dalle forze dell’ordine per piccoli reati. Il ragazzo arriva in stato di shock, e si capisce subito che ha commesso qualcosa di molto grave. Dopo solo qualche giorno dalla nuova situazione carceraria, i detenuti -capeggiati da La Gioia (Silvio Orlando)- iniziano uno sciopero della fame per protestare contro il vitto scadente. Gargiulo comprende subito che dovrà affrontare la situazione da solo, senza sperare sull’aiuto di una direttrice ormai lontana, e cerca di trovare un compromesso con le proposte di La Gioia. L’anziano detenuto si propone di cucinare lui stesso i pasti per i suoi compagni, utilizzando la cucina sotto la sorveglianza di Gargiulo. Quest’ultimo accetta, provocando il disappunto di un paio di colleghi, ma evitando così una pericolosa sommossa. Comincia la lunga attesa per un trasferimento che pare non arrivare mai, il carcere isolato dalle montagne sarde sembra già una questione chiusa per i burocrati delle grandi città, i dodici detenuti e i loro carcerieri sono fantasmi che vivono tra i lunghi corridoi scrostati e le celle disabitate, solo la cucina con i suoi fornelli accesi appare come unico luogo vivo. Ed è proprio qui che La Gioia cerca di instaurare con Gargiulo un rapporto diverso, dopo che ha visto in lui un comportamento differente rispetto ad altri suoi colleghi, soprattutto riguardo al giovane Fantaccini, in evidente difficoltà.
Gargiulo, da parte sua, sa bene che con La Gioia non ha niente in comune, e che il codice d’onore al quale lui si attiene non ha niente a che vedere con il suo. “Io la notte quando vado a letto dormo bene, non ho debiti con nessuno, faccio il mio lavoro per il quale vengo pagato, posso entrare e uscire dalla mia stanza”- dice Gariulo a La Gioia quando quest’ultimo gli fa notare che anche lui si trova in un carcere dal quale non può uscire- “puoi dire altrettanto tu? noi due non abbiamo niente in comune”. Eppure qualcosa sta cambiando tra i due, e non solo. L’isolamento dal mondo esterno fanno apparire le regole da osservare sempre più incomprensibili in un luogo in cui tutto pare sospeso, in un’attesa senza tempo. Basta un improvviso black out a far accorciare le distanza tra prigionieri e carcerieri, e la condivisione di una cena alla luce di poche torce elettriche fanno apparire i volti degli uomini differenti, più rilassati. La scena diventa quasi teatrale, dove le celle vuote diventano quinte di un palcoscenico in cui si mette in atto una cena surreale, in cui poliziotti e detenuti mangiano alla solita tavola, dove si brinda per un processo benevolo per il povero Fantaccini (che diventa quasi un anello di congiunzione tra Gargiulo e La Gioia), dove si beve vino, e si chiacchiera con il proprio vicino di tavola. Solo l’arrivo di Arzano, un vecchio detenuto per pedofilia e il ritorno della luce, fanno tornare improvvisamente le persone ai loro ruoli. I fantasmi vanno dietro le quinte, nelle loro celle, o in caserma, a questo punto pare proprio che la differenza sia davvero sottile.
L’unico a lasciare il carcere è Fantaccini, che va incontro al suo destino, in attesa di giudizio, ad affrontare un processo per direttissima, tutti gli altri rimangono lì, in attesa, a condividere gli stessi spazi con ruoli differenti, ma rispettando regole diverse. Leonardo Di Costanzo utilizza ancora in modo sapiente il suo occhio esperto di documentarista, per raccontare una storia originale, fatta di solitudine ed isolamento. Così come per i protagonisti del suo bel film “L’intervallo”, anche per “Ariaferma”, il luogo è fondamentale per il racconto. E Di Costanzo ce lo mostra fin dalle prime immagini, scrutando le mura del carcere da ogni punto, da ogni angolazione, sfruttando la luce e la fotografia in bianco e nero. Il carcere di Mortana (luogo di fantasia) diventa una sorta di Overlook Hotel, in cui alla fine lo spettatore si chiede se i suoi ospiti sono reali o fantasmi intrappolati. Quanto sarebbero state differenti le sorti dei 12 detenuti se al posto del sensibile ed esperto Gargiulo, ci fosse stato il burocrate collega? Gargiuolo è un personaggio positivo perché non è frustrato dal suo lavoro e dal suo ruolo, non si lascia trascinare dalle provocazioni e riesce a mantenere il giusto controllo, ma allo stesso tempo sa comprendere, quando la libertà di decidere glielo consente, quando può cedere a dei compromessi per evitare il punto di rottura. Gargiulo non è morto dentro, non è rassegnato, ma cerca di sopravvivere riconoscendo nei detenuti quella parte di umanità con la quale può ancora condividere qualcosa, e convivere nello stesso luogo di prigionia.
Ottima la colonna sonora, coinvolgente e determinante per la buona riuscita del film.
Note Personali:
Nei titoli di coda, tra le voci "hotel" e "catering", c'è la voce "laboratori analisi Covid"...segno dei tempi, chi ce lo doveva dire...
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