Regia di Leonardo Di Costanzo vedi scheda film
L'amministrazione penitenziaria italiana avvia la dismissione dell'immaginario carcere di Mortana (in realtà, carcere di San Sebastiano, Sassari), con sede in un imponente edificio ottocentesco ubicato in un luogo isolato. Trasferisce personale e detenuti, chiude i reparti. Per un disguido burocratico, tuttavia, dodici prigionieri rimangono presso l'istituto. Incaricati della loro sorveglianza sono alcuni agenti di polizia penitenziaria, sotto il comando di Gaetano Gargiulo. Una solitudine ancor più profonda rende possibile l'instaurarsi di un rapporto più umano tra guardie e reclusi. Nonostante timidi segnali di vicinanza reciproca, tuttavia, le distanze rimangono. Il regista Leonardo Di Costanzo dirige un film sul carcere e sulle dinamiche relazionali interno ad esso; ne sono protagonisti sia i detenuti, sia gli agenti penitenziari, operatori di polizia investiti di una responsabilità altissima connessa ad una gestione estremamente complessa delle loro prerogative. Il racconto individua i "capi" delle due "fazioni"; i secondini agiscono sotto gli ordini - non da tutti ben accetti - dell'anziano Gaetano ed i prigionieri fanno riferimento all'autorevolezza di Carmine Lagioia, un anch'egli anziano esponente della criminalità organizzata, prossimo al rilascio dopo molti anni di reclusione. In un contesto quasi innaturale, fuori dallo spazio e dal tempo, nell'attesa di un ordine di trasferimento che non arriva, ne', forse, mai arriverà, accade che carcerati e carcerieri si trovino a condividere un medesimo stato di solitudine ed incertezza. Rassegnati i primi - dei quali non viene raccontato molto; alcuni dialoghi ed elementi lasciano intendere che siano in carcere per aver commesso i reati più disparati - e rassegnati anche i secondi, intrappolati in un ruolo ed un'autorità che perde significato, poichè i detenuti, al di là di alcune proteste, non si rendono mai pericolosi e si conformano alla routine ed alle regole dell'istituto. Questa coincidenza riduce di molto le distanze tra le due categorie. Dopo una "crisi" legata alla cattiva qualità del vitto, il detenuto Lagioia si offre come cuoco, per tutti gli occupanti della struttura; Gaetano, non senza reticenze dei colleghi, acconsente. Successivamente, i due si trovano dalla stessa parte della barricata nel fornire, seppur in modo diverso, sostegno al giovane recluso Fantaccini, pericolosamente (per sè stesso) depresso a causa delle gravi e non volute conseguenze di una rapina ad persona anziana. In un particolare frangente, i due, insieme alle rispettive "fazioni" giungono a condividere una tavola imbandita. Carmine Lagioia tende ciclicamente la mano a Gaetano, ma quest'ultimo finisce sempre per prendere le distanze. Ciò fino all'epilogo. Trovandosi insieme nell'orto del carcere per fronteggiare l'ennesima emergenza, i due, dalla stessa età e della stessa zona di origine, trattano da pari argomenti d'interesse comune. Potrebbe essere l'inizio di un rinnovamento delle relazioni, come un raggio di sole in un giornata piovosa, destinato ad essere spento da un nuovo addensarsi delle nuvole. Ottime interpretazioni per Toni Servillo (Gaetano) e Silvio Orlando (Lagioia). Il primo è sempre in bilico tra l'apertura ad un rapporto amichevole sincero con gli interlocutori reclusi, ed un irrigidirsi nel ruolo del carceriere, professionale e distaccato; il secondo assume un atteggiamento enigmatico. Non è ben chiaro, inizialmente, se cerchi la mediazione per rafforzare la propria immagine tra la "sua gente" o se sia veramente interessato alla soluzione dei problemi. L'evoluzione del racconto fa propendere per la seconda interpretazione. Carmine Lagioia è stato un criminale; ma è anche un uomo di grande esperienza, prossimo alla sua liberazione. Possibile che la lunghissima permanenza in carcere l'abbia cambiato, e spinto a far valutazioni, al di là di un'acredine precostituita contro l'autorità, rigorosamente oggettive, orientando in base ad esse il proprio agire. Il film non affronta i concetti di colpa e finalità dell'espiazione. Si limita a raccontare un ambiente carcerario, spogliandolo di connotati spaziotemporali, affinchè ne sia evidente l'assurdità. Due categorie di personaggi, pur condividendo medesimi contesto e luogo di vita, in parte origini e prospettive future, vivono isolati, a causa del ruolo che decisioni ed alterne fortune hanno scelto per loro. Il ritmo del film è lento, la fotografia predilige colori spenti e toni scuri; da' immagine, appunto, all'"aria ferma" cui si riferisce il titolo dell'opera. Staticità, sterile ripetersi di una routine quotidiana; la condanna per gli uni non constituisce miglior sorte per gli altri. Ci si domanda, a cosa serve ?
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