Regia di Leonardo Di Costanzo vedi scheda film
In una ignota località italiana, un carcere sta per essere dismesso. Tutti i detenuti stanno per essere trasferiti altrove ma, imprevisti burocratici, costringono dodici detenuti a restare nella struttura fino a nuove disposizioni. La nuova condizione, alimentata dall’incertezza sul futuro, sgretola equilibri creandone di nuovi insieme alla costituzione di rapporti mai pensati.
Leonardo Di Costanzo prende Toni Servillo, il carceriere, e Silvio Orlando, il detenuto, e li rinchiude in un carcere ormai quasi in disuso, li obbliga ad una convivenza forzata che li costringe a confrontarsi e a tirare fuori inevitabilmente il loro carattere, condizionato da un passato rilevante in cui il rapporto con il padre sembra essere il filo conduttore.
L’Ariaferma di cui si impregna il titolo è quella composta dalle paure e dalle insicurezze, dagli scheletri nell’armadio dei protagonisti, dodici come gli apostoli stavolta però senza un messia da seguire, senza una fede cui aggrapparsi. Le storie di ognuno si fondono e diventano un tutt’uno con l’attesa di cui si compone la pellicola le cui tinte grigie collimano con la nebbia che avvolge il carcere, con il cemento cedevole che lo compone.
Interessanti alcune inquadrature e la fotografia che esalta il buio e le ombre. Più che la musica, quasi inesistente, è suggestivo l’utilizzo di alcuni suoni che hanno la capacità di rendere più reale ciò che si racconta. Un film lento che ben rappresenta la vita carceraria, un quadro astratto dell’animo umano rassegnato ad una condizione di clausura ma non privo di sentimenti e ricordi che sfamano la solitudine.
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