Regia di Dzintars Dreibergs vedi scheda film
MAI USCITO NEI CINEMA ITALIANI
VISTO SU PRIME VIDEO NEL NOVEMBRE 2022
Stavolta della prima guerra mondiale andiamo a seguire gli accadimenti del fronte orientale. Una delle più grandi tragedie nella storia dell’umanità continua a offrire materiale di approfondimento, studio, conoscenza. E ogni occasione ci lascia sbigottiti di fronte all’orrore concepito dall’uomo che manda al massacro un numero così elevato di persone. Il quarantunenne lettone Dzintars Dreibergs si è inventato regista a 24 anni dopo aver lavorato come revisore dei conti. Prima varie esperienze nel girare video musicali, montare programmi tv e assistere qualche collega già affermato fino l’esordio sul grande schermo con una sfilza di apprezzati cortometraggi. Nel 2007 questo film, The Rifleman, suo primo lungometraggio, inizialmente uscito in Lettonia col titolo di Blizzard of Souls e basato sull’omonimo romanzo autobiografico dello scrittore e militare lettone Alexander Green del 1935.
L’opposizione dell’esercito imperiale russo all’invasione tedesca sul fronte orientale della Grande Guerra, si trasformò alla fine del conflitto mondiale nella guerra d’indipendenza lettone contro le truppe bolsceviche della Russia che circa un anno prima, con la Rivoluzione d’Ottobre, aveva intrapreso il proprio processo di sovietizzazione. La sceneggiatura dell’insegnante di cinema Boriss Frumins ha il merito, ispirandosi al soggetto, di descrivere in modo efficace questa drammatica trasformazione degli obiettivi dei soldati lettoni.
In particolare il film di Dreibergs, che romanza fatti realmente accaduti, segue le mosse del sedicenne Arturs (interpretato dal carneade Otto Brantewitz), che decide di arruolarsi nel battaglione nazionale fucilieri della Lettonia, spinto dalla smania di vendicare l’assassinio della madre commesso dai tedeschi durante una perquisizione della fattoria di famiglia. Dal momento in cui Arturs da contadinello scalzo si trasforma in soldato al fronte insieme al padre ex sergente e decorato sniper ante litteram dell’esercito russo, parte un percorso filmico che rimanda, inevitabilmente, a due capolavori recenti quali 1917 (Sam Mendes, 2019) e Niente di nuovo sul fronte occidentale (Edward Berger, 2022). La telecamera di Dreibergs, quindi, è testimone dell’odissea del giovanissimo Arturs nel fango delle trincee e in quello che ricopre i corpi dei compagni dopo l’esplosione delle granate, negli inconsulti assalti alla baionetta in cui commetterà il suo primo omicidio ai danni di un coetaneo tedesco, nel gelo di un Nord Europa coperto di neve.
Tuttavia l’opera in immagini non riesce a brillare al cospetto degli illustri competitor succitati, in particolare per l’andatura spesso incerta che spezza il pathos generato dalla ricostruzione di avvenimenti avvincenti per la loro intrinseca tragicità. A causa di ciò lo spettatore rischia di distaccarsi dalla sua ‘fratellanza’ col protagonista, con un inevitabile calo della partecipazione e, ancor più, dell’immedesimazione. Non si è più in prima linea insieme ad Arturs, ma lo si osserva con un po’ di distacco mentre cerca di sopravvivere nello scenario della guerra. Di buon livello, comunque, sono le scenografie, i costumi, gli equipaggiamenti da combattimento e la colonna sonora.
Il cast è per lo più formato da professionisti del teatro lettone, come l’attore e regista Martiš Vilsons, che qui interpreta il padre cecchino del protagonista, severo e irregimentato ma anche indaffarato a proteggere, in qualche modo, il proprio ragazzo nell’inferno delle battaglie. Un accenno anche per Vilis Daudzniš, forse il più impegnato nel cinema e, nel 2009, premiato come attore lettone dell’anno alla Gambler’s Night, qui nei panni del commilitone amico di Arturs.
Un film da vedere come quasi tutti quelli che hanno il merito di raccontare in modo quantomeno credibile episodi di una parte fondamentale della storia moderna ma che, come già detto, paga lo scotto di un inevitabile raffronto con assai più pregiate pellicole affini. Voto 6,7.
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