Regia di Stanley Kubrick vedi scheda film
La sua visione al cinema è stata per me un’esperienza unica ed irripetibile: ero giovane, vivevo da single e non avevo la TV, lo vidi al cinema Metro Astra di Milano (ora non c’è più) la sera precedente al primo sbarco sulla Luna (avvenuto poi alle 3 del mattino successivo) al quale non ero particolarmente interessato; in una sala che poteva contenere più di 1000 persone contai poco più di una trentina di spettatori, quindi fu praticamente una visione privata su grande schermo in un cinematografo che era allora all’avanguardia per attrezzature tecniche. L’impatto del film fu così forte che quando uscii dal cinema provai un senso di straniamento, forse prossimo alla sindrome di Stendahl.
All’epoca non conoscevo la trama: sapevo soltanto che era un film di fantascienza in cui si vedevano volteggiare astronavi sulle note del Bel Danubio blu di Strauss e che c’era un computer che dava i numeri, in tutti i sensi, e nient’altro. La visione del film mi sorprese per l’inizio inaspettato nella preistoria e fui sbalordito dallo splendore e nitore delle immagini; il ritmo lento ma inesorabile dello snodarsi della trama, unitamente alle musiche suggestive (in particolare l’Adagio di Khachaturian e il Kyrie di Ligeti, che ormai associo indissolubilmente al film), creavano un senso di attesa e di arcano mistero. Trovai inquietante la presenza del monolito nero che avrebbe poi indirizzato gli eventi con la chiara funzione di superumana sentinella (per conto di chi non si saprà mai). Fui impressionato dalla ribellione di Hal 9000 e dalla sua crudele, ma necessaria, soppressione e rimasi strabiliato dal fantasmagorico viaggio al di là del tempo e dello spazio (sia cosmico che biologico). Il finale mi ha sempre intrigato per la sua enigmaticità, in cui lo spazio e il tempo sono disarticolati permettendo all’astronauta di ritrovarsi in un ambiente in cui la fonte di luce è, stranamente, il pavimento, e dove incontra sè stesso in diversi momenti della vita fino alla morte e rinascita come “neonato cosmico” ritengo che se il senso fosse stato esplicito il film avrebbe perso di spessore impedendo agli spettatori di interrogarsi sul suo significato metafisico.
2001 – Odissea nello spazio rimane uno dei vertici assoluti dell’arte cinematografica sia per la sua visionarietà sia per il suo interrogarsi sul destino e sul significato della vita dell’uomo e dei suoi rapporti con altre intelligenze (Hal, alieni del monolito) è una visione imprescindibile per chiunque si interessi di cinema.
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