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2001. Odissea nello spazio

Regia di Stanley Kubrick vedi scheda film

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La recensione su 2001. Odissea nello spazio

di alan smithee
10 stelle

locandina italiana 2018

2001. Odissea nello spazio (1968): locandina italiana 2018

Quattro capitoli che partono dalla preistoria e ci catapultano in un futuro prossimo (ora ormai inesorabilmente già un passato) in cui l'evoluzione umana non ha consentito all'essere umano di trovare le spiegazioni, plausibili e dimostrate, su misteri esistenziali che già lo coinvolgevano, e facevano evolvere, durante la sua "alba" terrena, circa quattro milioni di anni prima.

1) Ne L'alba dell'uomo un gruppo di ominidi erbivori impegnato a difendere il proprio territorio ricco di acqua, scorge un giorno un misterioso monolite conficcato nel terreno: terrorizzati, i componenti del branco trovano il più audace che osa avvicinarsi e sfiorarlo. Da quel momento, quell'essere riceve l'intuizione, la fiamma che lo tramuta da essere vivente in essere umano: ma anche da inncuo erbivoro, in aggressivo carnivoro proteso non solo a difendersi, ma pure ad attaccare per espandere il proprio dominio: l'intelligenza intesa come dono superiore che forgia il carattere, ma crea pure la brama di conquista, la cattiveria, lo spirito di vendetta erivalsa.

2) In TMA-1 un dirigente dell'organizzazione aerospaziale americana (Gary Lockwood) viene inviato su una base lunare per indagare su un misterioso monolite trovato conficcato presso un'area del satellite naturale: fatto tenuto segreto attraverso la falsa notizia di un probabile contagio sulla base lunare, che ha reso necessario una sorta di quarantena. Poco dopo che l'alba lunare avrà illumnato il misterioso oggetto, il nostro uomo percepirà un segnale radio che consentirà ai ricercatori di poter individuarne l'origine sul pianeta Giove.

3) In Missione Giove ci spostiamo di soli 18 mesi in avanti, e sorprendiamo l'astronauta Bowman (Keir Dullea) impegnato in un allenamento durante il tempo libero di cui può giovarsi durante il suo lungo viaggio verso il pianeta Giove, assieme ad altri quattro astronauti, di cui tre in stato di ibernazione. Guida l'equipaggio l'infallibile computer HAL9000, consapevole sin troppo della propria superiorità, e per questo sin troppo sicuro nelle diagnosi che maturano dai propri calcoli. Quando un'emergenza da lui prevista con congruo anticipo si rivela inesatta, i due umani si pongono dei dubbi sulla validità dell'operato della macchina, che tuttavia riesce a leggere il labiale dei due e a comprendere le intenzioni degli umani di sabotarlo. La vendetta di HAL sarà micidiale e quasi impossibile da debellare. Ma nello scontro impari uomo.macchina, non è la perfezione teorica ad avere la meglio, quanto l'improvvisazione che nasce dalla criticità della situazione.

4) In Giove e oltre l'infinito lo stesso Bowman si trova coinvolto nella vera missione che era stata rivelata unicamente al computer HAL dopo la ricezione sulla luna del segnale radio verso Giove: una missione con fini esplorativi su eventuali presenze extraterrestri, e non una semplice indagine di carattere scientifico, come ufficializzato prima della partenza.

Sul pianeta Giove l'astronauta ha l'occasione di assistere a scenari in cui le incognite spazio temporali si fondono, o forse si annullano, e la percezione incompleta del fragile essere umano, personalizza e riconduce le sensazioni ad un ambiente familiare e casalingo ove l'uomo rivive in un giorno le fasi differenti della propria vita precedente e futura, fino a rinascere sotto forma di un essere di una specie superiore, o tornare a rivivere come nascituro in una seconda stagione di vita sulla terra. 

50 anni orsono, 2001 Odissea nello spazio veniva presentato in anteprima nelle sale statunitensi: e nasceva l’evento destinato a restare alla storia. Innanzi tutto come opera d’arte complessa, colma di spunti e riflessioni profonde, stimolanti ma anche inquietanti, sulle incognite che circondano la nostra esistenza nell’universo; poi come film di fantascienza meraviglioso che si mantiene nel tempo senza perdere smalto, ma anzi rivalutandosi ed acquisendo connotati e caratteristiche che lo arricchiscono anche quando la descrizione del futuro appare meno incisiva e più fantasiosa di quel che accadde realmente fino a quel futuro prossimo all'epoca intravisto nel plateale anno 2001; infine come precursore brillante di un futuro che oggi è ormai un passato, e ci costringe a riflettere su ciò che è stato nel percorrere cinquant’anni di progresso instancabile ed irrefrenabile, ove molte circostanze hanno superato le previsioni attese (la scena della “videochiamata” a casa con la scheda magnetica, forse risulta datata anche tornando al 2001), mentre altre risultano nel film ancora oggetto di fantasia fantascientifica e ben lungi dall’essere messe a punto (la possibilità per un equipaggio umano di raggiungere pianeti lontani del nostro sistema solare come Giove).

Certo, tutti questi decenni di visioni ripetute (il film, al pari di molti altri in capo all’autore, è stato oggetto di molte opportune e meritate riedizioni in sala, quasi una ogni decade) ci hanno ogni volta consentito di percepire sfaccettature dapprima magari inesorabilmente tralasciate, soprattutto a causa della complessità e della densità narrativa, ma anche e soprattutto concettuale, che quest’opera, strutturata in quattro parti distanziate nel tempo o di millenni, o solo di poche decine di anni, talvolta solo di mesi, presenta come elemento di spicco.

scena

2001. Odissea nello spazio (1968): scena

Ed oggi, emozionati non meno che nelle precedenti visioni al termine di questa scintillante versione restaurata (peccato inutilmente mantenuta doppiata anziché sottotitolata, come sarebbe stato il caso) pensare di poter scrivere qualcosa di originale e realmente nuovo, di interessante, o forse addirittura di sensato, a proposito di questa pietra miliare della cinematografia di tutti i tempi, è cosa ardua da riuscire anche solo a razionalizzare.

Posso ricordare la sensazione controversa provata undicenne in occasione della mia prima visione del film: mi appare oggi  comprensibile mettersi nei panni di un ragazzino nemmeno adolescente che trova tutt’altro che brutto il film-capolavoro di Kubrick, ma certo una cosa differente rispetto all’avventura spasmodica e senza tregua che offre al contrario la vicenda di Luke, Leia e Han Solo di quel Guerre Stellari che travolse i miei sogni di spettatore entuiasta.

Fatto sta che il film di Kubrick mi pietrificò nella sua prima parte (L’alba dell’uomo), mi incuriosì nel secondo episodio (TMA-1), quello del viaggio sulla base lunare da parte di un alto esponente delle missioni spaziali, inviato per indagare sul ritrovamento del monolite già al centro della vicenda del primo capitolo; mi lasciò perplesso “Missione Giove”, ovvero il capitolo più noto, con cui il nostro protagonista (un atletico Keir Dullea) scampato ai sotterfugi del robot ribelle e con crisi di identità HAL9000, cerca con tutte le difficoltà del caso di isolarne gli effetti malefici e perniciosi; mi risultò ostico ed incomprensibile il quarto ed ultimo capitolo, “Giove e oltre l’infinito”, in cui l’esperienza di un faccia a faccia con l’universo da parte del nostro coraggioso astronauta, crea nell’uomo la visione di un mondo sospeso tra ricordi e un ambiente domestico ma pur sempre avveniristico, in cui gli effetti spazio-temporali giocano ruoli incomprensibili alla mente umana, e al nostro stesso protagonista, che in qualche modo rinasce dopo un invecchiamento forse precoce, forse ritardato all’infinito.

Keir Dullea

2001. Odissea nello spazio (1968): Keir Dullea

scena

2001. Odissea nello spazio (1968): scena

Non posso dire di esserne uscito deluso, ma sicuramente scosso, sconcertato, preparato com’ero a vivere una esperienza quasi unicamente epidermica che le “galassie lontane lontane” di Lucas provocano ancora oggi sugli spettatori e i fan della serie.

Ma se “Guerre Stellari” rimane l’emozione forse più genuina del cinema della mia infanzia, “2001” rimane, anche per me, il capolavoro assoluto ed indiscutibile, che non solo non invecchia nonostante le inevitabili discordanze tra un futuro ora passato immaginato tuttavia con grande lungimiranza, ma acquisisce una purezza di significato e offre una libertà di visione ed interpretazione dei misteri del creato che, pur non dandoci risposte, ci aiuta più di tante altre basi anche autorevoli, a riflettere sulle incognite senza risposta che regolano la nostra esistenza sul questo piccolo pianeta.  

Per finire impossibile non citare, come ingrediente fondamentale in grado di dar bita al capolavoro, l'apporto musicale strepitoso, azzeccatissimo, in cui il valzer di Johann Strauss "Sul bel Danubio blu" riesce a darci l'idea del moto solenne di uno spazio apparentemente immobile, laddove l'altro Strauss, Richard, si occupa di rendere epocali i momenti cruciali dei vari episodi, con il solenne " Così parlò Zaratustra": da brividi a pelle. Ogni volta di più.

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