Regia di Stanley Kubrick vedi scheda film
Quando l'uomo era ancora uno scimmione che si spidocchiava, un grosso monolito nero comparso sul pianeta sembra innescare una forma di intelligenza che avrebbe portato quelle scimmie a farsi la guerra e a usare le ossa delle carogne come armi. Quattro milioni di anni più tardi, nel 2001, quello stesso monolito è l'oggetto di una spedizione che gli americani decidono di compiere su Giove. A bordo della navicella ci sono 5 astronauti, tre dei quali ibernati, guidati dall'intelligenza artificiale infallibile di Hal-9000 (la sigla non è altro che l'anticipazione di un posto nell'alfabeto dell'acronimo IBM). Ma il computer non accetta gli ordini che gli vengono impartiti dall'uomo, al punto da costringere l'unico sopravvissuto (Dullea) a smontare il "cervello" del calcolatore per poi proseguire il viaggio finendo in una sorta di quarta dimensione dove, dopo aver attraversato grappoli di stelle e nuvole gassose, si ritrova davanti a sé stesso invecchiato.
Concepito in cinque movimenti distinti (l'alba dell'uomo; la preparazione della missione; il viaggio con Hal; la perdita nel cosmo; l'epilogo in una stanza arredata in stile Luigi XVI), 2001 odissea nello spazio segna uno spartiacque nella storia della fantascienza. Uscito dalla penna di Arthur Clarke, che scrisse la sceneggiatura con Kubrick, 2001 è un favola apocalittica sulla ribellione della macchina all'uomo, carico di allegorie e di una tensione costante. Se qualche pur minima perplessità può essere espressa rispetto alle scelte più radicali di regia (dalla durata, due ore e mezza, ai ripetuti e lunghi frammenti di schermo nero), è innegabile che Kubrick sia riuscito nell'impresa di portare un pezzo avanti la sperimentazione cinematografica. Movimenti impossibili con la macchina da presa, la perfetta sensazione dei corpi che si muovono nel vuoto, le parole che arrivano solo dopo 24 minuti di film, le scenografie di strabiliante fantasia e l'uso determinante della musiche (Sul bel Danubio blu, di Johann Strauss jr, Così parlò Zarathustra di Richard Strauss e diversi brani di György Ligeti) sono addendi di una somma cinematografica che rimane insuperata e profetica (nel 1968 vengono anticipati la webcam e il riconoscimento vocale e l'uomo avrebbe messo piede sulla Luna l'anno successivo all'uscita del film). Una pietra miliare che ha il solo neo di avere spinto forse eccessivamente sul pedale dello sperimentalismo.
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