Regia di Amos Gitai vedi scheda film
Bel film, solido e significativo, spettacolare con la semplicità della verità e della sofferenza. Ci fa vedere un mondo che non si conosce, che si pensava confinato alle pieghe più barbare del mondo islamico, e che invece si annida nelle zone più tradizionaliste e conservatrici dell'ebraismo, in quella parte della società che oggi si oppone al ritiro dalla striscia di Gaza e dalla quale dieci anni fa uscì l'assassino di Rabin.
Gitai è un regista coraggioso, che non ha paura di denunciare le disfunzioni del proprio paese ed eventualmente di mettersi, per questo, in urto con le forze più retrive della società israeliana. Qui costruisce una storia ambientata nella periferia di Gerusalemme, dove le umiliazioni della vita coniugale colpiscono due giovani sorelle, l'una sul punto di essere ripudiata dal marito dopo dieci anni di matrimonio, in quanto ritenuta sterile, e l'altra costretta a sposare un bruto fanatico religioso contro la propria volontà. La sorella più grande subirà l'ingiustizia del ripudio pur sapendo che lo sterile è il marito, mentre la più giovane consumerà il tradimento con un giovane cantante rock per protesta, allo scopo di essere a sua volta ripudiata.
Una storia di ordinaria segregazione femminile ambientata, oggi, in un paese moderno come lo stato d'Israele, raccontata con pudore e forza espressiva da un regista che sa il fatto suo anche dal punto di vista della tecnica cinematografica. Tra gli attori spiccano le due protagoniste femminili, ristrette da una serie di maschi che la religione ha ridotto a marionette vuote e brutali, tanto da apparire, senza che se ne accorgano, crudeli: Yaël Abecassis è bella e brava, Meital Barda più bella che brava.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta