Regia di Antonio Capuano vedi scheda film
Maria (una Teresa Saponangelo costantemente sopra le righe) è una donna sulla quarantina, cresciuta senza un padre, assassinato mentre prestava servizio come poliziotto a una manifestazione di estrema sinistra. A distanza di quattro decenni, la donna è intenzionata a incontrare l'assassino che le ha portato via quell'affetto, il quale, scontata la pena, si è rifatto una vita e risiede a Milano.
C'era una volta Antonio Capuano, quello di Vito e gli altri, Pianese Nunzio 14 anni a maggio, La guerra di Mario, quello indicato da Paolo Sorrentino come il più importante dei suoi mentori. La poetica di Capuano effettivamente è rimasta la stessa: attenzione al sociale, sguardo sui giovani, osservazione circoscritta a Napoli e dintorni, grande libertà espressiva (qui siamo ai fotogrammi colorati…), pauperismo elevato a cifra estetica. Ma tutto il resto è scomparso. Qui, tra andirivieni temporali, ellissi a gogo e scantonate sulla vita privata della protagonista (alcune relazioni frammentarie, una madre muta, i rapporti difficili con i mariuoli locali), si perde davvero ogni motivo di interesse. Tratto da una storia vera, Il buco in testa, brutto già a partire dalla scelta corriva dei titoli di testa, è un film inutile, la copia sbiadita de La seconda volta. un'opera che getta anche uno sguardo fazioso, didascalico e stucchevole sul vissuto dell'ex terrorista.
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