Regia di Daniel Myrick, Eduardo Sánchez vedi scheda film
Cosa dire, ancora, di un film “de paura” di cui si parla ormai da mesi? La sua promozione (il tam tam via Internet) rappresenta una rivoluzione delle strategie di comunicazione (prima del boom americano, non un penny era stato speso in pubblicità). La sua accoglienza, in termini produttivi, avrà ripercussioni sensibili sul genere: temiamo un’invasione di filmetti splatter fatti nel bosco con la videocamera. Tralasciando i fenomeni “di costume”, si potrebbe dire di “The Blair Witch Project” che è un po’ come quelle opere d’arte definite iperrealiste. Più vere del vero, quindi false. Perché poi per realizzare un film così bisogna studiare ogni sequenza a tavolino, meticolosamente. Sgombrato il campo da illusioni, resta il succo, a questo punto ridotto a poca cosa. Tre ragazzi si perdono nella foresta, vengono braccati dall’ombra della strega e filmano il proprio terrore mentre gli eventi accadono fuori campo. L’assunto è interessante ma andava bene per un corto, mezz’ora al massimo. Dopo di che si spera che salti fuori il demone sumero di “La casa” di Sam Raimi, tanto per ravvivare la visione.
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