Regia di Vittorio Metz, Marcello Marchesi vedi scheda film
La statua di un antico romano scende dal suo piedistallo lungo la via Appia per raccontare le disavventure di Tizio, tornato a Roma dopo qualche tempo e riluttante ad accettare la nuova dittatura di Caio (Giulio Cesare); e c'è anche Sempronio...
Metz e Marchesi scrissero tantissimo per il cinema, ma si dedicarono di rado alla regia; questo è uno di quei casi, peraltro a credito condiviso, dietro la macchina da presa, con Alberto Pozzetti, meteora di Cinecittà. Tizio, Caio e Sempronio è una commediola esile esile che mira a ironizzare sull'antica Roma di Cesare con il massimo garbo e sfruttando gag e lazzi da avanspettacolo o poco oltre: per il 1951 un prodotto francamente già sorpassato o prossimo a esserlo. Il poker di firme in sceneggiatura per una volta non è una grande garanzia: nonostante infatti i nomi di Vittorio Metz, Marcello Marchesi, Steno e Mario Monicelli, la storia è soltanto una blanda farsetta in vago odore di parodia del fascismo (ma i riferimenti a un Cesare mussoliniano sono scarsi e, più che altro, scarni). Nino Taranto, Aroldo Tieri, Franca Marzi, Silvana Pampanini, Fanfulla, Carlo Croccolo, Virgilio Riento sono i protagonisti principali, tutti inappuntabili; rimane soltanto da segnalare che in quello stesso 1951, delle 7 regie totali che Metz e Marchesi affrontarono, ne vennero licenziate ben 5 (e 11 furono le sceneggiature da loro firmate quell'anno): ritmi di lavoro disumani, ma anche un inevitabile 'boomerang' di dozzinalità dei prodotti. 3/10.
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