Regia di Giuseppe De Santis vedi scheda film
Ispirandosi ad un recente fatto di cronaca, De Santis dirige con mano felice un bel film neorealista, ormai quasi settuagenario ma di sorprendente attualità, incentrato com'è sul dramma della carenza di lavoro e della precarietà esistenziale che ne deriva e sulla condizione femminile.
VOTO: 7,5 su 10
Notevole film neorealista di Giuseppe De Santis del 1952, ispirato ad un tragico fatto di cronaca avvenuto a Roma, in Via Savoia, l'anno precedente, nel gennaio del 51.
In occasione dell'annuncio di un posto di lavoro come dattilografa presso lo studio di un ragioniere romano si presentano circa duecento candidate.
La prima parte del film le vede ammassarsi dapprima fuori dal cancello e poi sulle scale dell'immobile, scambiandosi aspettative e timori sul colloquio e confidenze sulle loro esistenze. Così ne conosciamo diverse: la ragazzina accompagnata dalla madre apprensiva, le servetta veneta che spera di sbarazzarsi di un lavoro sgradito, la prostituta che vive in una baraccopoli ma si atteggia a signora con accessori presi in prestito, la provinciale disperata che fa avanti e indietro tutti i giorni da Viterbo ricevendo continue porte in faccia.
Quando viene annunciato che solo un limitato numero di aspiranti potrà essere esaminato ed una giovane col marito disoccupato decide di utilizzare un escamotage truffaldino per saltare la fila, si scatena una ressa in cui tutte cercando di passare avanti: la pressione sulla ringhiera ne determina il cedimento con immediato crollo dell'intera scala.
Nella seconda parte del film, le giovani ferite dal caos della scena dell'incidente vengono portate all'ospedale. Lì le famiglie accorrono al loro capezzale e alcuni vengono a scoprire fatti ignoti della vita delle loro congiunte: un padre orgoglioso apprende con dolore che la figlia nubile è incinta, una famiglia benestante che la loro figlia (Lucia Bosè) è legata ad un artista spiantato. Poiché evidentemente ancora non era a regime il servizio sanitario nazionale, la notizia che dovranno pagare di tasca loro le spese del ricovero genera veementi proteste.
Mentre seguiamo il rientro a casa di alcune (c'è anche chi ha già legato sentimentalmente col proprio soccorritore), si avvia l'inchiesta: vengono interrogati il ragioniere, l'architetto, il proprietario dello stabile, mentre la ragazza all'origine del letale parapiglia, divorata dai sensi di colpa, pare l'ideale capro espiatorio.
Film quasi settuagenario, ma di sorprendente attualità, incentrato com'è sul dramma della carenza di lavoro e della precarietà esistenziale che ne deriva, sulla condizione femminile e su un mercato occupazionale segnato da una competizione all'ultimo sangue, nonché sulle problematiche di un welfare inefficiente ed ingiusto che pare accanirsi sui più deboli, con la beffa che le vittime dovranno pagare i costi del ricovero in ospedale, a meno che non abbiano un'assicurazione lavorativa (“come facciamo ad avere l'assicurazione sul lavoro se siamo tutte disoccupate?”) - quest'ultima problematica sanitaria almeno l'abbia superata. Viene toccato anche il tema quanto mai attuale delle molestie sessuali, con ragazze in attesa che si raccontano di spiacevoli episodi capitati in occupazioni precedenti o che consigliano di nascondere le fedi perché chi è sposata non verrà assunta.
De Santis riesce ad affrontare queste tematiche attraverso l'intreccio corale di tante storie individuali, con uno sguardo partecipe sull'umanità delle ragazze, di cui emergono le illusioni e le speranze, quelle di un'Italia povera e affamata di riscatto. Nonostante la drammaticità dei fatti e l'intento di denuncia sociale, il regista dirige con mano leggera, inserendo dosi di commedia e dando spazio anche alle storie d'amore, come parte integrante della vita che le protagoniste sono indotte a mettere rischio per la ricerca di un posto di lavoro (teneramente straziante l'incontro di quella che sarà l'unica a perdere la vita nel crollo con un marinaio, che le chiede di scrivergli mentre lui sarà in missione a Mogadiscio).
Gli riesce anche un'ottima chiosa con un finale che dà da pensare, in cui una ragazza rimasta illesa a fine della devastante giornata nonostante tutto aspetta ancora il ragioniere perché “il posto di dattilografa c'è ancora...forse me lo darà”.
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