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La tigre bianca

Regia di Ramin Bahrani vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su La tigre bianca

di alan smithee
7 stelle

NETFLIX

Attraverso un racconto che parte dalla immediata vigilia di un brutto incidente d'auto nel quale risulta coinvolta la coppia di ingenui suoi padroni recentemente tornati dagli States, il giovane, intraprendente ed assai astuto Balram Halwai ci racconta la sua concitata storia di vita, che gli ha permesso, cosa più unica che rara per un indiano appartenente ad una delle caste più basse di una compagine sociale strutturata a forma piramidale non scalabile, di sfondare fino ad arricchirsi.

Non senza utilizzare lo stesso cinismo e la stessa carica di opportunismo che i suoi stessi padroni, paladini di un occidentalismo appreso sui banchi di scuola, gli hanno ostentato figurando come il ritratto dei padroni dalle larghe vedute e ben distanti dai biechi sfruttatori della natia India da cui costoro si sono allontanati per un lungo periodo.

Ecco dunque che l'umile servo obbediente e sacrificale trova il momento più opportuno per approfittare della situazione, sottraendo il malloppo utilizzato dalla ricca famiglia che da anni lo accoglie come secondo autista, e destinato ad ordinarie operazioni di corruzione, per mettersi in proprio, sfoderando una innata capacità imprenditoriale che lo porta ad emergere in poco tempo.

Attraverso una lettera-confessione che il protagonista si accinge a scrivere al Presidente della Repubblica popolare cinese in visita ufficiale in India, verremmo al corrente di tutte le dinamiche che hanno reso in poco tempo il mite e remissivo Balram un rampante imprenditore in grado di tener testa ai suoi antichi padroni, sorvolando ogni altrimenti vincolante imposizione di casta, con una escalation di rara efficacia, degna della unicità di un esemplare bianco di tigre.

Omonimo adattamento del noto romanzo del 2008 di Arawind Adiga, La tigre bianca segna il ritorno in regia del cineasta statunitense di origini iraniane Ramin Bahrani, già apprezzato al Concorso veneziano nel 2014 con il teso 99 Homes, e rivisto, più di recente, nel deludente, inutile remake del gioiello di Truffaut Fahrenheit 451 del 2018, nonché autore di una decina di lungometraggi tra fiction e documentari dal 2006 ad oggi.

La vicenda è trasposta in modo molto coinvolgente sullo schermo, e pure gli attori coinvolti, poco o per nulla noti dalle nostre parti, appaiono assai ispirati e credibili ognuno nel ruolo affidato, coinvolti tutti in una corsa alla supremazia del proprio spirito imprenditoriale ed individualista che nel mondo occidentale da secoli è ormai un dogma, ma che resta un tabù presso la complessa ed inamovibile compagine sociale indiana, ancorata agli inflessibili ed assai vincolanti retaggi delle caste sociali.

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