Regia di Ramin Bahrani vedi scheda film
In una lunga lettera-confessione indirizzata al primo ministro cinese in visita in India, il giovane imprenditore rampante Balram racconta la storia della sua vita, dalle umili origini in una casta di servi alla ricchezza con una start up di successo.
Scene di Lotta di Classe a New Delhi potrebbe essere un calzante sottotitolo per questo veemente atto di ribellione al sistema delle caste che per millenni ha contraddistinto la società indiana e ancora oggi costringe milioni di persone in una condizione di sostanziale schiavitù ("come polli nelle stìe" è un po' il leit motiv della narrazione). Tratto da un romanzo di Aravind Adiga, produzione americana diretta da un regista di origini persiane, La Tigre Bianca si colloca a distanza di abbondante sicurezza da Bollywood, decisamente più dalle parti di Danny Boyle, una specie di The Dark Side Of The Millionaire. Interessante l'espediente narrativo della lettera al primo ministro come una sorta di allegorico dialogo a distanza tra India e Cina, le "tigri" asiatiche che, con la forza della loro demografia e il bruciante desiderio di affrancarsi da una storia di fame e povertà, sono destinate a soppiantare nella guida dell'economia mondiale un occidente ormai fiacco e decadente. Crudo, potente, spesso beffardo, ben diretto, ben recitato e splendidamente fotografato (dal nostro Paolo Carnera), il film di Ramin Bahrani è sicuramente una lieta sorpresa di questo primo scorcio del 2021.
Da vedere: 8/10.
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