Regia di Davide Ferrario vedi scheda film
Quattro amici più prossimi ai sessanta che ai cinquanta, che in gioventù riscossero un discreto successo con la rockband The boys, vengono riuniti da un'occasione discografica semplicemente imperdibile. Per poterla accettare, però, devono ritrovare la vocalist dei tempi che furono, di cui si sono perse le tracce.
Dopo una parentesi documentaristica piuttosto lunga (il suo ultimo lavoro a soggetto risale al 2013, La luna su Torino), Davide Ferrario torna in sala con questo Boys, storia dolceamara di sessantenni rocchettari nell'Italia del 2021. Sembra quasi che il cinema nostrano non riesca a emanciparsi dalla pur meritevole generazione dei protagonisti di questo film: se negli anni duemila la maggior parte delle pellicole parlavano di quarantenni e nel decennio successivo il target si era spostato sui cinquantenni, ecco che negli anni Venti del ventunesimo secolo arrivano le non del tutto inattese vicende di sessantenni giovanili, appassionati, scatenati e – fondamentalmente, tutto qui: - vivi. C'è vita anche a sessant'anni (circa, vabbè): questo è il nodo, il fulcro del discorso di Boys. Una commedia, sostanzialmente, ma dai risvolti concretamente drammatici e senza dubbio scritta molto bene: la sceneggiatura è firmata dallo stesso Ferrario e da Cristina Mainardi. Le attinenze con la trama de La mia banda suona il pop (Fausto Brizzi, 2020) sono solamente superficiali, ma a ogni modo inevitabile è il richiamo alla memoria, anche per la vicinanza temporale dei due lavori; nota di merito qui – al contrario che nel film di Brizzi – per il cast, che vede al suo centro Giovanni Storti, Marco Paolini, Giorgio Tirabassi e Neri Marcorè. Ruoli anche per Giorgia Wurth, Linda Messerklinger, Saba Anglana e Isabel Russinova. Buona la confezione, con la fotografia di Emanuele Pasquet e la colonna sonora di Mauro Pagani. 5/10.
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