Regia di Francesco Sbano vedi scheda film
Un documentario che impone un giudizio assai particolare. Ben fatto, intelligente, interessante, con un unico difetto: è dalla parte della ‘ndrangheta. Tutti i possibili aspetti positivi dell’organizzazione criminale vengono enfatizzati, e in modi affatto stupidi; ma fa sbalordire come non ci sia alcun riferimento critico alla ‘ndrangheta, il che sarebbe possibile e a bizzeffe, e doveroso. L’autore, Francesco Sbano (che appare spesso, e mai separato dal fidato bicchiere di vino), si conferma quindi come alfiere dell’operazione di ripulimento dell’immagine del più potente gruppo criminale del mondo; è al di sotto di ogni sospetto, in quanto negli stessi anni (i primi di questo secolo) aveva pubblicato ben tre cd, che costituiscono una trilogia dall’inequivocabile titolo “La musica della mafia”. In quelle 67 canzoni (tra i cui titoli possiamo apprezzare anche “‘Ndranghetà, camurra e mafia”, “Sangu chiama sangu”, “Omertà”, “Cu sgarra paga”, “Appartegnu all'onorata”, “Ergastulanu” , “Mafia leggi d'onuri”, “Canto di carcerato”, “Ammazzaru lu Generali”) si celebravano anche, in dialetto calabrese, le gesta, i valori degli delinquenti affiliati, mettendo in cattiva luce tutto ciò che fosse rispetto per lo stato e la legalità. Manna dal cielo per la ‘ndrangheta, la quale sicuramente non può essere estranea a tali progetti. L’onorata famiglia avrà pagato Sbano? È la cosa più probabile.
Del resto Sbano in Germania (dove abita, gestendo un ristorante italiano; oggi ha 57 anni) pubblicò nel ’11 il libro “L’onore del silenzio. Un boss della mafia parla”. Dove si legge anche: «la mafia deve essere raccontata dai boss e non dai magistrati o dalle vittime… afferma di essere l’unico vero esperto di ndrangheta perché, avendo conquistato la fiducia di alcuni ndranghetisti, è in grado di far raccontare la mafia calabrese da mafiosi veri, cioé non pentiti e pertanto credibili… ognuno di noi ha sognato, vedendo un film sulla mafia, di diventare un boss».
Il sottofondo teorico viene offerto nel documentario dai continui interventi dello storico Nicola Zitara. Costui ha il merito di enucleare con puntualità tutti i mali storici dell’unificazione piemontese, che ha costretto alla marginalità e all’impoverimento il Meridione; ma ha il demerito di non evidenziare mai alcun problema interno grave della società meridionale, dei tempi dell’unità e dopo sino ai giorni nostri. Con opera di profonda disonestà intellettuale, i mali del Sud sono effetto di un’unica causa: il depredamento da parte del Nord. Non è certo così, anche se è vera l’accusa dell’unificazione come un male per il Sud, accusa mossa contro il Piemonte e poi lo stato unitario. Per rendere l’idea degli errori tecnici di cui è infarcita la narrazione dello storico, che qui viene proposta come vangelo, senza il benché minimo contraddittorio, basti citare qualche ricostruzione fantasiosa: secondo lui a metà ‘800 nella penisola la rivoluzione industriale era arrivata da nessuna parte come a Napoli, che di gran lunga aveva la produttività e la borghesia più ricca d’Italia, certamente più di Milano o Torino. Oppure quest'altra: "fino agli alnni '70 almeno (del '900) i settentrionali sono vissuti sulle spalle dei meridionali...Al nord così ha fatto semrpe comodo stare con il sud, per sfruttarlo".
Fandonie come questa rendono l’idea dell’impianto fanatico che sottende a quest’opera, non rispettoso dell’intera verità storica. Sempre per lo storico, se il Sud facesse la secessione, come desidera (egli si è fatto tumulare con la bandiera sulla spalle dei Borbone, che non passano per essere stati il massimo dei benefattori e dei portatori di progresso, benessere e giustizia per il proprio popolo, tranne che per lui e pochi altri, chissà quanto attendibili), vedrebbe scomparire la criminalità organizzata (magari fosse così!). Ma assieme a queste farneticazioni, ci sono tante annotazione vere, originali, non note come dovrebbero.
Insomma, gli ‘ndranghetisti del film (che spesso fa parlare latitanti) per sbarcare il lunario sono degli eroi che si arrangiano contro lo stato criminale che gli ha tolto tutto: uomini pieno di rispetto, lealtà, saggezza, addirittura “giustizia”(!?!?). Mai un accenno alla droga, ai soldi fatti nei modi più osceni, alla violenza, alla corruzione politica, a mille altri orrori eseguiti e coperti consapevolmente, a ogni costo. Falsificazioni storiche che dovrebbero essere note per ragionarci sopra, ma senza additarle come fenomeni culturali di serie B, in quanto portano chiavi di lettura a loro modo interessanti, per quanto mai condivisibili, ed anzi solo criticabili nell’impianto di fondo.
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