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Fear

Regia di Ivaylo Hristov vedi scheda film

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La recensione su Fear

di alan smithee
6 stelle

32° TRIESTE FILM FESTIVAL - IL CINEMA DELL'EUROPA CENTRO-ORIENTALE ED. 2021 - Concorso lungometraggi
In un villaggio un po' desolato affacciato sul Mar Nero,  devastato da un abusivismo edilizio che ha creato mostri architettonici rimasti incompiuti come un ideale monumento al degrado, incontriamo Svetla, una vedova cinquantenne di professione insegnante, ma rimasta disoccupata in attesa di qualche lavoretto saltuario da acciuffare durante la stagione turistica estiva, che trascorre il molto tempo libero tra le visite al cimitero ove è sepolto il consorte, e la caccia nel bosco.

Una mattina, già allertata dalle notizie inerenti la presenza in quel luogo di confine di un gruppo di migranti, la donna si trova dinanzi, in piena boscaglia, uno sconosciuto di colore, che ella immobilizza con la sua arma.

Tenta quindi di consegnarlo alle forze dell'ordine le quali, troppo occupate ad occuparsi del gruppo di nuovi arrivati, le impone di tenersi il rifugiato in attesa di nuovi ordini.

Separati da stili di vita, etnia, e linguaggi poco consoni a comunicare tra di loro, i due finiranno non solo per comprendersi gesticolando, ma anche per rispettarsi a vicenda, fino a legarsi da una improbabile quanto reciprocamente condivisa storia sentimentale che renderà la donna una cittadina non grata, ed indurrà i due, divenuti oggetto di sempre più crudeli ostilità, a trasferirsi nel nativo continente africano di lui.

Per la regia, assai accurata ed efficace del bulgaro Ivaylo Hristov, Fear si presenta come una favoletta dai toni cangianti che spaziano dalla commedia ironica e dai picchi comici, alla storia dai toccanti risvolti umanitari.

Non sempre i due stili risultano felicemente combaciare l'uno con l'altro, prestandosi la storia a cadere in alcune trappole dettate probabilmente dal desiderio di far breccia sulla sensibilità dello spettatore, ma correndo serialmente il rischio di sbandare nella pedanteria.

Si deve tuttavia dare atto che il film appare girato con una gran tecnica, in grado di esaltare le dinamiche di un paesaggio piuttosto inedito, che convive tra bellezze naturali suggestive senza necessità di meravigliare per l'audacia di vedute o paesaggi, e quell'aspetto di desolazione da sfruttamento speculativo ed edilizio che, fotografato nell'elegante bianco e nero, finisce per acquisire dei risvolti affascinanti che le belle riprese aeree aiutano ad esaltare.

Simpatici e molto umani i due apparentemente assai poco omogenei protagonisti, Svetlana Yancheva (la Frances McDormand bulgara, potremmo senza troppa immaginazione considerarla) ed il nero corpulento ma pacioso Michael Flemming, anche se a tratti costretti dalle circostanze e dallo stile del racconto a sfiorare la deriva macchiettistica e sin troppo farsesca di un racconto dalle dinamiche serie ed assai attuali, un po' troppo avventatamente fatte deviare verso una svolta satirica.

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