Regia di Mimmo Calopresti vedi scheda film
Non che possa essere il nucleo della questione, ma il titolo di quest'opera lo trovo davvero molto bello ed efficace.
Mimmo Calopresti - qui al terzo film - confeziona un'opera ben fatta anche se forse ci si poteva aspettare dall'autore un ulteriore salto di qualità rispetto ai suoi lavori precedenti.
La storia vede protagonisti due ragazzi molto distanti tra loro: Rosario emigra al nord (l’industriale città di Torino) dalla Calabria grazie all’aiuto di Luigi (Silvio Orlando) con il quale condivide origini e difficoltà.
Quando conoscerà bene Matteo, il figlio del benestante Luigi, verranno a galla le innate contraddizioni tra l’apparenza e la realtà delle cose.
Infatti dietro la facciata pulita, risaltano i problemi dati dal benessere ereditato e il rapporto genererà più di un dubbio.
Mimmo Calopresti gioca le carte migliori su una doppia contraddizione (da qui anche il significato profondo del titolo), quella tra due realtà distanti come quella del nord e del sud dell’Italia e quella tra chi deve crearsi una posizione da zero e chi nasce con tutto, acquisito senza meriti personali.
I rapporti mostrati sono difficili e tremendamente legati al sociale, la visione del regista è di grande sensibilità, il tocco è corretto ed essenziale, gli attori sono tutti all'altezza del compito affidato loro, ma al film manca qualcosa per decollare completamente.
Rimane sempre su livelli medio alti di intensità emotiva, ma non ci sono picchi effettivamente originali e scardinanti.
Anche la parte finale, per quanto abbia il suo significato complessivo, non incide nel profondo.
Insomma, Preferisco il rumore del mare è un piccolo film di qualità, al quale è mancato il conseguimento di uno step ulteriore per poter essere ricordato appieno.
In ogni caso, da recuperare per i significati che riesce comunque a mettere ben in mostra.
Racconta una buona storia, fornisce una visione efficace dei alcune contraddizioni imperanti, ma non scolpisce il film memorabile che poteva fare.
Garanzia di qualità.
Si ritaglia un ruolo secondario.
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