Regia di Jean-Paul Rappeneau vedi scheda film
Colonna portante del teatro d’oltralpe, Cyrano de Bergerac è probabilmente il personaggio che ogni attore francese vorrebbe interpretare. Ovviamente, come tutti i personaggi larger than life, non è cosa da tutti. Cyrano è impeto e dolcezza, dinamismo e delicatezza, energia e sofferenza, è la contraddizione del sentimento d’amore, è il poeta militare, il rimatore dalla spada invincibile, il sacrificio della ragionevolezza miope. Insomma, non è che chicchessia può appiccicarsi un grosso naso sul viso e declamare parole in versi.
Per interpretare Cyrano ci vogliono, detto brutalmente, le palle, sennò finisce per diventare una macchietta grottesca e quasi patetica. In un film così fastoso e ricco, in cui la ricerca stilistica è filologicamente pressoché perfetta e il pericolo di filmare teatro in scatola poteva risultare in origine tutt’altro che aleatorio (con sceneggiatura che maneggia con erudita classe il testo teatrale), un attore poteva anche sentirsi risucchiato dal contesto. E invece no, accade tutto il contrario.
Il film è bello, certo, ma a dominarlo, a gestirlo, a rigirarlo a suo favore, a viverlo come se solo un Attore che si rispetti sa fare, è un gigantesco Gérard Depardieu in quella che forse è la prova più spettacolare della sua vita, senza nulla togliere alle sue altre grandi interpretazioni. Il film è lui, senza se e senza ma: lo inonda con l’eleganza ingombrante, con il mantello svolazzante, con la protuberanza nasale, con l’eloquio sublime.
La storia è risaputa, eppure lui riesce a renderla inascoltata; e alla fine quella terribile, crudele, meravigliosa scena della morte dell’eroe è quanto di più bello ci potesse regalare. Palma d’Oro a Cannes, nomination all’Oscar, César come miglior attore, ma soprattutto un posto nel cuore.
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