Regia di Eugen Jebeleanu vedi scheda film
Più che un film una seduta psicanalitica. Mi sono innamorata di questa pellicola. L'ho vista 4 volte in tre giorni. Non ne capisco davvero i motivi profondi. Ma tenterò qui di rispondere a me stessa.
Più che un film una seduta psicanalitica.
Mi sono innamorata di questa pellicola. L'ho vista 4 volte in tre giorni. Non ne capisco davvero i motivi profondi.
Ma tenterò qui di rispondere a me stessa.
Forse è l'intelligenza della struttura. Forse la forza delle camere, sempre addosso, su continui e bellissimi primi piani ai volti. Forse la bravura, l'eleganza, la naturalezza degli attori: mai visti dei ruoli, delle facce così azzeccate. Forse l'amore che emanano i due protagonisti nel fare un'ottima colazione a base di frittata di "onions" di domenica mattina. Forse il cameratismo, la simpatia, maschile che si sviluppa tra colleghi in una camionetta di Gendarmerie. Forse l'intensità dell'essere combattuti su due fronti: quello intimo privato e quello sociale, lavorativo. Il primo costellato da tenerezze e affetto. Il secondo, obbligato per ruolo - un poliziotto non deve chiedere mai - ad essere duro, tutto d'un pezzo, macho di fronte a tensioni sociali e problemi di ordine pubblico. In realtà il protagonista è scisso. E' una persona dolce, ma ha degli aspetti duri e non accetta del tutto se stesso, prevalentemente la sua fase gay che forse è nuova anche per lui.
La potenza intellettuale, psicologica di questo film, avvolto su se stesso in una spirale concentrica che ti raccoglie e imprigiona è indubbia e va oltre ogni definizione. Come diceva Cocteau: "il cinema non è evasione, ma invasione.
E qui, in Poppy Field, questo campo di papaveri e poliziotti, è letteralmente il caso. Davvero un cinema è stato invaso. Si, da un gruppo di manifestanti rumeni, contrari alla proiezione di un film erotico gay.
Basato su un fatto realmente accaduto nel 2016 in un cinema rumeno, questo geniale, giovane, regista mi racconta che si è ispirato a quest'evento nella stesura del fim con la collega sceneggiatrice, la quale era venuta a sapere dell'asssurdità di questa storia da un trafiletto in un giornale. "Essere gay in romania è davvero difficile. Ci sono stati scontri e tensioni molto forti e questo è il primo film su un argomento così presente e vivo" - racconta il regista. Gli chiedo se pensa che attraverso un'invasione di cultura - per usare le parole di Cocteau - si possa davvero riuscire, grazie anche ad una pellicola, a modificare il sentire collettivo? E umilmente mi risponde che si l'effetto di un'opera d'arte in generale che sia un libro, un film, un quadro, ha il potere di far scattare un click, una riflessione, un'apertura nelle menti delle persone e anche nel loro cuore. Proprio e meglio di una seduta psicanalitica!
Peccato che non abbia vinto niente al Torino Film Festival, edizione tutta online in questo sfigato 2020 che speriamo se ne vada via presto, perchè un'intesità di questo genere meritava davvero diversi premi: recitazione, script e regia di sicuro!
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