La recensione su Ill: Final Contagium

di undying

7 stelle

Low budget in coproduzione tra Cile, Italia e Germania diretto da quattro registi indipendenti ingiustamente esclusi dal circuito mainstream. Risultato finale ben sopra le aspettative, sia per il contenuto che per la tecnica dimostrata. Eccellente, considerato il budget.

Quattro episodi sul terribile tema delle epidemie e dei contagi.

Contagium (****) - regia di Lucio A. Rojas

"Santiago De Cile, giorno 0".

A causa di esperimenti portati avanti illegalmente, uno scienziato militare scatena una inarrestabile epidemia. In un pub l'uomo viene affiancato da due ragazze, Natalia e Lily. Le due intendono sedurlo per farsi poi accompagnare a casa sua con l'intenzione di compiere un furto. Che riesce: una valigetta contenente 500.000 euro finisce infatti nelle loro mani. Ma in quella valigia è presente anche una tossina sperimentale che provoca una malattia mortale, destinata a dare i suoi terrificanti effetti in brevissimo tempo.

Gully (***) - regia di Lorenzo Zanoni

"Roma, giorno 86".

Un giovane, ambizioso e privo di scrupoli, finisce vittima di un'orribile metamorfosi dopo avere rubato banconote contaminate a un uomo investito da un camion.

The body (***1/2) - regia di Domiziano Cristopharo

"Prishtine Kosovo, giorno 104".

La escort trans Laura (Chiara Pavoni), ossessionata dalla bellezza e dalle forme sinuose, decide di sottoporsi ad un delicato intervento di chirurgia plastica, eseguito direttamente a domicilio da una dottoressa (Arianna Bonardi) priva di scrupoli.

The cabin (***) - regia di Kay E. Bogatzki

"Outside Cologne (Germania), giorno 913".

In un futuro post apocalittico, con l'umanità ormai afflitta dal dilagare del virus, un uomo tenta disperatamente di salvare Connor, il figlio infetto. Isolato in una baita, privo di soldi per poter accedere al prezioso antidoto, l'uomo tenta di operare sul corpo del ragazzo, rimuovendo di volta in volta la carne delle zone infette.

"Gli esseri umani sono così imperfetti, ma grazie a Dio possiamo migliorare noi stessi." (L'anonima chirurga, interpretata da Arianna Bonardi)

Italia, Cile e Germania: quattro registi di talento, esclusi ingiustamente dal circuito mainstream, si organizzano e girano un collettivo di tutto rispetto che, contrariamente al basso budget (120.000 dollari!), assume la conformazione finale di un angosciante film, molto più interessante e avvincente dei blockbuster americani girati con capitali infinitamente maggiori. Partendo da un tema centrale (l'infezione pilotata dal denaro), che attraversa trasversalmente tutti gli episodi, gli autori di III: final contagium mettono insieme un horror claustrofobico e al tempo stesso accattivante. Ogni segmento, peculiare e caratteristico, denota uno stile personale ma al servizio di un unicum cinematografico che tratta di un virus (non a caso sfuggito al controllo dei militari) insidioso e devastante, collegato nientemeno che alla circolazione delle banconote. Idea di per sé vincente, per la portata iconoclasta e al tempo stesso psicologica che ne sta alla base. Non è un caso che tutti i protagonisti (ovvero le vittime del contagio) - tranne il disperato padre in chiusura - mostrino propensioni verso il facile arricchimento, comportandosi in maniera egoistica e antisociale. E proprio questa innaturale ed egocentrica tendenza, sembra alimentare la diffusione del virus che può così dirsi irrefrenabile. Il messaggio di fondo, assai pessimista, sembra essere proprio questo: finché ognuno penserà solo a se stesso, l'umanità è destinata all'estinzione. Che in questo caso sembra essere conseguenza di una punizione divina, legata appunto all'arrivismo del singolo individuo.

Chiara Pavoni

Al di là del contenuto - decisamente atipico per un film di genere - III: final contagium funziona egregiamente anche come film di intrattenimento grazie ad una cinematografia di alta qualità, opera spesso degli stessi registi (Domiziano Cristopharo e Daniele Trani per la quota italiana), una fotografia curatissima, disturbanti (per quanto riusciti) effetti speciali, una stupenda colonna sonora (opera di Antony Coia e Ignacio Redard) e interpretazioni ben sopra la media delle migliaia di produzioni amatoriali circolanti.

Domiziano Cristopharo ha ormai scelto da tempo di dedicarsi a titoli antologici (vedi ad esempio l'altrettanto interessante A taste of phobia), seguendo una logica banale ma vincente: con bassi budget (autofinanziati dagli stessi registi) è molto meglio ridurre la storia ad un cortometraggio ben girato, piuttosto che offrire lunghi e spesso pasticciati film.

"Prima fai soldi con il virus, poi fai soldi con l'antidoto." (Il padre di Connor)

P.S.: chi scrive è particolarmente rimasto impressionato sia dalla regia di Lucio A. Rojas, fluida e centrata su brevi piano sequenza (compreso un esemplare tentativo di split screen) che dallo stile (e dal tema) affrontato da Cristopharo, ovvero un pezzo di cinema insolitamente (e deviatamente) prima ancora erotico che horror, per come la dottoressa, in fase pre-operatoria, agisce con le siringhe sul corpo nudo del trans. Mentre il segmento di Zanoni (Gully) sembra dovere - molto più che al Cronenberg de La mosca - al misconosciuto canadese Éric Falardeau di Thanatomorphose (2012).