Regia di John Michael McDonagh vedi scheda film
Trasposizione riuscita dell'acclamato romanzo “Nella polvere” di Lawrence Osborne
In una sontuosa tenuta marocchina, abitata da una coppia di cinquantenni gay, l’americano Dally e l’inglese Richard, sta per andare in scena lo sfarzoso party, cui ogni anno, partecipano decine di ospiti facoltosi. Un pomposo baccanale di un week-end, in cui, sotto lo sguardo di malcelato disprezzo del personale autoctono, ci si concede qualsiasi trasgressione. Sono attesi anche i coniugi Henninger, una coppia anglo-americana, David alias Ralph Fiennes e Joe, alias Jessica Chastain. Lui è un cinico medico alcolista, lei un’autrice di libri per bambini, in crisi creativa. Dopo un pranzo in cui David come di solito ha alzato il gomito, i due che da molto tempo hanno smesso di amarsi, si mettono in auto per raggiungere il luogo del party, lungo la strada mentre iltiga con la consorte, in preda ai fumi dell’alcol, investe ed uccide un giovane del posto, che vende fossili. Colti dal panico caricano il corpo del ragazzo sul sedile posteriore dell’auto e raggiungono la villa. Con la connivenza della corrotta polizia locale, dipsosta ad insabbiare e archiviare il caso come incidente, la festa procede come se niente fosse successo. A un certo punto irrompe nella villa il padre del ragazzo ucciso, Abdellah Taheri e il suo interprete Anouar, per reclamare il corpo del figlio Driss. Taheri “pretende” che David li accompagni a Tafal’aalt per partecipare alla sepoltura, un atto che lui intende dovuto; infastidito e preoccupato, David non sembra avere scelta, quindi anche se malvolentieri, intraprende il viaggio di due giorni verso la casa di famiglia, nel cuore delle montagne dell’Atlante, dove Abdellah, vive con le sue numerose mogli; porta con sé del denaro, nel caso si concordasse un risarcimento. Ovviamente ha paura, teme l’eventuale vendetta di Abdellah; intanto costui si rifiuta di rivolgergli la parola, ogni messaggio viene mediato dall’interprete. Nel torrido deserto marocchino, tenuto a distanza come un appestato e trattato con disprezzo, David fa i conti con la sua coscienza e affronta i suoi demoni personali; a contatto diretto con le angustie socio-culturali di quella parte di mondo dimenticata dagli uomini e da Dio, la cui economia si barcamena su baratti di fossili per opera di disperati che, come Driss, sono disposti a tutto pur di sottrarsi ad una vita di miseria, prende coscienza della propria pochezza morale, della sua vanità, della sua insensibilità; inizia la sua silenziosa e graduale redenzione. Joe, invece, si dà alla pazza gioia, tra sesso sfrenato, alcol e sniffate di cocaina, non sembra nutrire alcuna preoccupazione per la sorte del marito, anzi si ripromette di chiedergli il divorzio, qualora costui riuscisse a tornare. Dunque, nel momento in cui marito e moglie si dividono, la storia procede su un doppio binario che il regista McDonagh maneggia sapientemente; da una parte David che in solitudine vive la propria rigenerazione morale, dall’altra Joe immersa in un contesto promiscuo e frivolo, si lascia andare completamente alla dissolutezza e alla lussuria, accompagnata dalle musiche di “Che m’importa del mondo “di Rita Pavone e “Contact “di Brigitte Bardot. Alla progressiva lontananza fisica e metaforica, tra marito e moglie, corrisponde la crescente tensione tra i domestici e gli ospiti dei “padroni di casa”, uno scontro culturale e sociale, in cui i gaudenti stranieri occidentali, non perdono occasione per umiliare la servitù locale, cui spesso ribatte, con affilata ironia, l’inserviente Hamid. Per tutto il film questa contrapposizione è mantenuta dalla regia sullo sfondo, per farla poi detonare nel drammatico e inaspettato finale. Basato sull’acclamato romanzo di Lawrence Osborne “Nella polvere” racconta una storia di perdizione e redenzione, di perdono e condanna, di dolore. Eccellente la prova attoriale di Ralph Fiennes.
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