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Stanotte sarai mia

Regia di Wilm Tenhaaf vedi scheda film

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La recensione su Stanotte sarai mia

di cherubino
6 stelle

STANOTTE SARAI MIA (1960)

 

A me questo film tedesco in bianco e nero del 1960 (ma secondo i titoli di testa girato nel 1958) non è parso così male come sembrerebbe dal voto medio assegnato sinora su filmtv (4,8/10): ottantuno minuti trascorsi senza entusiasmo ma "con partecipazione".

 

Ho voluto vederlo per poter ricordare un attore - Peter Van Ejck * - che a quelli della mia generazione era ben conosciuto per aver partecipato a tanti film di successo, sia pure quasi sempre come coprotagonista (è questo il caso) o antagonista o caratterista di lusso. Interpreta la parte di Alexander Schwerin.

E così ho fatto anche la conoscenza con una attrice ( Barbara Rütting ) che non avevo mai vista prima e che in questo film (nel quale compare come primo nome fra i tre principali) si dimostra non solo dotata di talento ma pure di un viso interessante che mi ha ricordato (fors'anche per un lievissimo accenno di strabismo che mi è parso di intravvedere) Karen Black e un pochino, a parte il colore dei capelli, anche Julie Christie: due donne attraenti e che rientrano nelle mie preferenze. Il suo ruolo è quello di Monika.

L'altro coprotagonista è Helmut Schmid, anch'egli a me sconosciuto, che interpreta Dieter, il marito di Monika.

Qualitativamente alto il livello dei numerosi comprimari e dunque, mediamente, quello della recitazione, pur trattandosi di un film, si direbbe, di buon standard artigianale. 

Diretto da Wilm Tenhaaf, regista affidabile con una settantina di titoli al suo attivo in quarant'anni di carriera (fra il '54 e il '93) e ricordato anche come pioniere della televisione tedesca. Non molto noto però, penso, a livello internazionale: dei suoi film non ne ho mai sentito nominare alcuno.

 

La vicenda si svolge tutta in un ambiente, quello dei cavalli da corsa, che ha sempre un suo particolare fascino ed è descritta nella scheda di film tv senza lasciare molto da scoprire se non, sembrerebbe, chi abbia ucciso l'odioso signor Schwerin  (come di frequente un ruolo non simpatico per il sempre bravo Van Ejck).

Peraltro l'omicidio è noto allo spettatore fin dal momento in cui viene commesso e dunque il finale non ha le caratteristiche peculiari del giallo, giacchè nell'attendere di sapere se l'autore la farà franca o no la parte più interessante si rivelerà invece l'approfondimento degli effetti di tale omicidio sui due coniugi Monika e Dieter e dunque sui rapporti tra loro dopo il tradimento di lei. 

 

Il mio giudizio si attesta sulla sufficienza piena: tre stelle.

 

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*

Vita interessante quella di Peter Van Ejck

Nato da famiglia nobile nel 1911 in Pomerania (regione all'epoca tedesca e oggi polacca, dalla fine della seconda guerra mondiale) divenne nel 1943 cittadino statunitense avendo lasciato la Germania già nel 1931o 1932, alle soglie dell'avvento di Hitler: in quegli anni, dopo aver girovagato un po' (anche Africa settentrionale e Cuba) era arrivato negli USA come mozzo su un transatlatico.

In gioventù aveva studiato musica e con quella si mantenne a New York suonando il pianoforte, componendo per cabaret e riviste, divenendo poi assistente di produzione del musicista Irving Berlin e apprezzato arrangiatore per altri compositori; ed infine, prima di trasferirsi ad Hollywood, assistente alla regia presso la compagnia teatrale del Mercury Theatre di Orson Welles.

Ad Hollywood lavorò come camionista e - determinante - conobbe casualmente Billy Wilder che rimase colpito dal suo aspetto (sguardo tagliente, capelli biondi tagliati a spazzola): col suo aiuto prima lavorò in radio e poi esordì nel cinema nel 1942 (non accreditato) nel film "Prigionieri del passato" di Mervin Le Roy.

L'anno successivo lo stesso Wilder lo diresse in "I cinque segreti del deserto" nella parte di un losco tenente nazista, inaugurandosi  così per lui una serie di interpretazioni molto simili tra loro che lo portarono rapidamente al successo ma lo legarono ad un personaggio stereotipato probabilmente non permettendogli di emergere in ruoli di prestigio.

D'altra parte era tanto spiccato, di questo attore, il physique du rôle del militare tedesco (alto, biondo, portamento fiero e altezzoso, dotato di una sobria e glaciale eleganza) che non poteva che essere il preferito per numerose produzioni internazionali, per oltre un ventennio. Lui, militare lo fu (non ci sono suoi film dal '45 al '48), ma come ufficiale americano.

Ciò nondimeno, alcuni suoi ruoli furono memorabili : in "Vite vendute" (1953, di Clouzot), in "Rapporto confidenziale" (1955, di Welles), in "La preda umana" (1956, di Roy Boulting).                

Negli anni '60 - pur continuando ad apparire, prevalentemente nei consueti ruoli, in produzioni internazionali - tornò in Germania dove si affermò sicuro protagonista anche in film di altro genere, sempre con interpretazioni caratterizzate da finezza di tratto e distaccata ironia: indimenticabili, per esempio, i due film di Fritz Lang "Il diabolico dottor Mabuse" (1960) e di Hugo Fregonese "I raggi mortali del Dr. Mabuse" (1964).

La sua vita ebbe fine in Svizzera nel 1969, un giorno prima di compiere i 58 anni: setticemia.

Complessivamente, i film cui ha partecipato sono stati più di ottanta: l'ultimo "Il ponte di Remagen" (1969, di John Guillermin).

 

 

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