Regia di Giuseppe Bonito vedi scheda film
Film che rientra nel genere, spesso fortunato per il cinema italiano, dei ladri di infanzia. Stavolta si punta essenzialmente al ritratto ambientale, con una fotografia notevole, dialoghi scarni e ampio spazio alle azioni di una quotidianità normale che in realtà di normale ha molto poco. Questo naturalmente azzoppa il ritmo e l'opera scorre con i ritmi cadenzati di un agire ripetitivo, fatto di fatica, dolore e tante privazioni. Il valore aggiunto è il cast, davvero notevolissimo, privo di nomi di richiamo, ma fatto di validissimi professionisti di formazione teatrale che sanno muoversi agevolmente anche su un set, facendo lavorare più il corpo che la voce, nonché di esordienti assolutamente efficaci. Non si scade nel realismo puro di certe produzioni in dialetto stretto filo documentaristiche, molto in voga e anche questo ne agevola la fruizione. Il messaggio è che l'amore possa esprimersi anche sotto una scorza dura, il che non assolve le forme di violenza familiare, ma in un certo senso riabilita l'italia dei brutti, sporchi e cattivi, vista non quale un covo di mostri, ma come un'umanità soffocata da un contesto di miseria e privazioni comunque capace di provare sentimenti.
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