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L'arminuta

Regia di Giuseppe Bonito vedi scheda film

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Gangs 87

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La recensione su L'arminuta

di Gangs 87
6 stelle

Agosto 1975, una tredicenne viene improvvisamente restituita, dalla famiglia affidataria, alla famiglia biologica, di cui nemmeno conosceva l’esistenza. Scopre così che i genitori “adottivi” sono nient’altro che due zii alla lontana che l’hanno accudita fin quando non si sono (sembra) stufati di lei. Da qui il suo soprannome, Arminuta (che in dialetto abruzzese significa ritornata) solo ed unico nome con cui sentiremo chiamare la protagonista per tutta la durata della pellicola.

 

Il ritorno alla realtà di colei che si credeva figlia unica di benestanti è violento quanto inaspettato. Lo spaesamento della giovane protagonista si manifesta attraverso lo sguardo smarrito della giovane e capace protagonista Sofia Fiore, che si fa cicerone della narrazione e conduce lo spettatore nel mistero che la coinvolge e che risponde all’improvviso mutamento che sconvolge il suo futuro.

 

La determinazione che però la contraddistingue non riesce a mutare la sua indole e, nonostante il trauma psicologico che la coinvolge, riesce ad inanellare successi scolastici che la conducono laddove da sempre sembrava destinata; tra la difficoltà di costruire un rapporto con la donna che l’ha generata e quella di mantenerne uno con la donna che l’ha cresciuta, L'Arminuta racconta attraverso sorrisi e assensi la storia di un riscatto che però finisce per tradire parte della sceneggiatura.

 

Una famiglia povera, contadina che professa verso l’istruzione solo lo sdegno del tempo che impiegato per apprendere va perso, stride con l’atteggiamento che i genitori hanno nei confronti di quello che diviene, ad un certo punto, anche mezzo di sostentamento, così come strano è che lascino amministrare alla ragazza il denaro che costantemente gli arriva dai genitori affidatari, ignorandolo nonostante la grave situazione economica in cui vertono.

 

Una storia che vira verso un tratto fiabesco, verso un racconto di speranza che, per essere realizzato, esce dai binari del contesto narrativo in cui si svolge, rendendolo in parte surreale, incapace di alimentare l’empatia con il personaggio protagonista, il cui (quasi) disinteresse verso i sentimenti finisce per essere la mazzata finale.

 

L’ennesimo approccio di Giuseppe Bonito al mondo degli adolescenti, delle famiglie annesse e dei drammi che compongono il complesso rapporto che li unisce è buono ma a tratti incompleto, quasi sicuri che al prossimo tentativo, dopo tanto insistere, potrebbe riuscire nell’intento.

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