Regia di Francesco Apolloni vedi scheda film
Quattro amiche di vecchia data si ritrovano per un addio al nubilato che la futura sposa, apparentemente introvabile, trasforma in una sorta di caccia al tesoro: l'occasione perfetta per fare il punto sulle loro vite, riconoscere gli errori (tanti) e i successi (già meno), e naturalmente rivalutare l'importanza del legame tra loro.
Il senso di questo film è realmente controverso, per non dire direttamente umiliante nei confronti delle donne: sembra quasi che Addio al nubilato voglia dimostrarci, nel 2021, che le donne sono 'persone normali' che vivono le comuni sensazioni di tutti, dall'esaltazione alla depressione, dall'invidia alla felicità, e che perfino pensano (ma non si sa se realmente lo praticano, mi raccomando) al sesso. Wow! Il cinema italiano continua a regredire anzichenò e questa pellicola è la perfetta testimonianza di una crisi che, prima ancora che artistica o economica, è crisi di idee e di contenuti. C'è il lato peggiore della contemporaneità in questo lavoro scritto – ispirandosi vagamente a una storia vera, ma in maniera ininfluente nel complesso del copione – da due uomini, Fabrizio Nardi e Francesco Apolloni (che è anche il regista) che sembra ripescare per l'appunto gli elementi più frivoli e superficiali del politicamente scorretto, del #metoo e del femminismo di questi anni per intavolare uno sterile discorso sulla libertà e sull'emancipazione della donna; quattro amiche sulla quarantina che parlano ubriache di fellatio (chi mai userebbe questo termine, sbronza tra amiche? Vabbè) senza però mai scendere in alcun tipo di dettaglio scabroso sono la palese rappresentazione di una volontà di scioccare, di colpire lo spettatore senza al contempo osare troppo, di lanciare il sasso e nascondere la mano – ma qui si parla piuttosto di un sassolino minuscolo e innocuo. E anche il personaggio dell'italogiapponese svitata e invasa dagli stereotipi dell'orientalità odora da lontano di – no, non razzismo, per carità – scarsissima fantasia. Il colpo di scena finale, inoltre, sarebbe stato molto più interessante (e godibile) se fosse stato gestito con un briciolo di tensione in più: così com'è, appare prevedibile con largo margine. Terza regia nel lungometraggio a soggetto per Apolloni; nel cast Chiara Francini, Laura Chiatti, Jun Ichikawa, Antonia Liskova e, in un cameo nella parte di sé stessa, Loredana Berté che canta Non sono una signora: quante altre vecchie glorie della musica italiana abbiamo visto in ruolini simili all'interno di commedie di questo periodo? Ecco, appunto. 2/10.
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