Regia di Carlo Verdone vedi scheda film
C'era un cinese in coma è una modesta parabola sul mondo dello spettacolo, tutt'altro che originale e di certo semplicissima a intendersi, ma dotata degli indiscutibili pregi dell'onestà e dell'autoironia, dato l'inevitabile autobiografismo che si cela fra le righe della storia. E soprattutto è una storia in cui, una volta tanto, Verdone lascia spazio anche a qualcun altro; il difetto centrale dell'opera è però proprio qui: se il vero protagonista, a rigor di logica, dovrebbe essere Nicola/Beppe Fiorello (peraltro bravissimo), perchè tutto il film è narrato dal punto di vista di Ercole/Verdone, perchè l'unico personaggio sviluppato a fondo è quest'ultimo, perchè primeggia sempre e comunque lui? Il narcisismo di Verdone non è cosa nuova, ma quando va a disturbare in maniera così clamorosa l'impostazione di un film è sicuramente anche cosa sgradita; questo a prescindere dal fatto che l'attore romano sia a ogni modo impeccabile nel suo ruolo, che però sembra sempre più lo stesso, ricalcato e riproposto in differenti salse di volta in volta, dopo quasi venti film in venti anni di carriera da regista/protagonista/sceneggiatore. A proposito della sceneggiatura, qui al suo fianco compaiono Pasquale Plastino (che già firmava i precedenti due copioni di Verdone e continuerà a lungo a collaborare con lui) e Giovanni Veronesi, new entry. Se l'obiettivo era di mostrare luci e ombre dei piccoli palchi di provincia, mettendo in scena aneddoti probabilmente molto vicini alle esperienze del Verdone di tanti anni prima, non si può dire che non sia almeno in parte riuscito. Ma dopo Gallo Cedrone (1998), anche C'era un cinese in coma sembra un lavoro ad alto tasso autoreferenziale. 4,5/10.
Ercole, manager di comici di serie B, si arrangia fra alti e bassi. Una sera, mancandogli improvvisamente l'artista da mandare sul palco, convince a esibirsi il suo autista, il giovane e simpatico Nicola. Neanche a dirlo, il successo è tale che presto Ercole diventa l'autista di Nicola.
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