Regia di Ricky Tognazzi vedi scheda film
Il cinema europeo, quando decide di essere “europeo” e quindi di proporre temi “di peso” (e di costumi, coproduzioni e partecipazioni internazionali), ama molto la cultura mitteleuropea, le storie che attraversano generazioni, Grandi Eventi Tragici, meglio se con un risvolto Artistico. È nato così questo immaginario da “presepe Adelphi” che viaggia tra Praga, Vienna, Budapest, l’occupazione nazista e quella comunista, affogato nel flou e nella musica, parlato sempre (nella versione originale) in inglese. È così che il cinema finisce per far davvero male alla cultura mitteleuropea: le fanno male István Szabó, Agnieszka Holland, Volker Schlöndorff quando pescano pomposi tra queste suggestioni. Non può, perciò, non farle male Ricky Tognazzi, che con “Canone inverso” esce dalla Cronaca per entrare nella Storia, e lo fa senza trascurare un solo tocco di kitsch: dall’immoto Gabriel Byrne e da tripli salti mortali nel flashback (un ricordo dentro un ricordo dentro un ricordo), giù fino all’incrocio di epoche diverse nella stessa inquadratura, ai bamboleggiamenti di collegiali e pianiste. In più, il pericolosissimo binomio amore-musica e frasi che, se sulla pagina possono essere tollerabili, in un film sono impronunciabili.
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