Regia di Simon Stone vedi scheda film
Ogni epoca, anche quella buia e priva di una visibile speranza, può contare su menti illuminate, che non solo guardano senza paura ben oltre il confine stabilito dal loro naso, ma sanno anche convogliare - con incompresa umiltà - tutto il loro impegno per portare a termine missioni che paiono non interessare a nessuno, oppure ostacolate da chi detiene una posizione dominante.
Talenti non ripagati dal loro tempo ma che, a volte, vengono riconosciuti e premiati dai posteri. Esattamente come successo al protagonista de La nave sepolta, una pellicola discontinua, con ambizioni forse superiori alle sue effettive funzionalità ma contestualmente sincera, istruttiva e integra, in poche parole, caparbia.
Suffolk (Inghilterra), 1939. Avendo il sentore della presenza nel terreno di sua proprietà di alcuni resti storici sotterrati, Edith Pretty (Carey Mulligan), una vedova minata da una grave malattia, assegna all’archeologo Basil Brown (Ralph Fiennes) il compito di eseguire degli scavi.
Mentre la Seconda Guerra Mondiale è alle porte e il cielo è solcato da aerei militari, la scoperta assume dimensioni sempre più importanti, tanto da attirare l’attenzione di chi detiene l’autorità in materia.
In una corsa contro il tempo, seppur con visioni contrastanti, tutti i partecipanti daranno il loro contributo per portare a compimento la ricerca prima che debba essere interrotta a tempo indeterminato.
Planando in un periodo storico di transizione, uno di quelli che hanno visto stravolgere ogni equilibrio tra il prima e il dopo, La nave sepolta ricerca con parsimonia una propria personale fisionomia, senza scendere a spiacevoli compromessi.
Tuttavia, prima ancora dispensa insegnamenti e trasmette una visione evocativa. Nel primo campo, rammenta la vita di chi ha dedicato tutte le sue energie a favore dell’umanità, della conoscenza collettiva, fondamentale per capire chi eravamo, a che punto siamo e in che direzione ci stiamo dirigendo. Nel secondo, ci avvisa che facciamo tutti parte di un percorso e che ognuno è chiamato a fare la sua parte, ieri come oggi e ancora di più domani.
Quindi il film di Simon Stone agisce su più versanti. Richiama il passato, poiché le radici sono fondamentali – nel bene così come nel male – per ricordarci il processo identitario di un’intera civiltà, convoca il presente, sempre sul punto di scivolare tra le dita, di essere spazzato via dalla follia umana, e annuncia il futuro, indubbiamente nebuloso, a un passo dal baratro, una costante della Storia che comunque sia non deve scoraggiare.
Propositi nitidi, concepiti e illustrati mediante la disposizione in vista dei paesaggi esteriori, così come da quelli interiori dei protagonisti. In tal senso, Carey Mulligan dona un’interpretazione tanto commovente quanto silente, evidenziata da un fisico stremato dalla malattia, mentre Ralph Fiennes è encomiabile per come rimane neutro, in pratica distaccato, sulle emozioni umane per amplificare la dedizione/fissazione totale del suo personaggio alla causa divulgativa.
In sintesi, La nave sepolta sfida la soglia dell’attenzione, oggi più pregiudicata che mai, e un generale disinteresse per ogni argomento esca dal futile attinente allo stretto quotidiano, smarcandosi da tutto ciò che viene ideato per essere consumato avidamente, senza aggiungere approfondimenti. Ha una costituzione cagionevole, ma possiede il pregio di non voler per nulla al mondo cascare nella solita minestra, di deliberare concetti inappuntabili. Non è compatto ma ha intenti nobili. Non mostra alcuna ansia da prestazione, rimanendo perlopiù rarefatto, e non indora la pillola, lasciandosi giusto un po’ andare in vista del traguardo, senza comunque intaccare i suoi parametri fondamentali.
Disallineato, felicemente insolito per essere una produzione Netflix.
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