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La scuola cattolica

Regia di Stefano Mordini vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La scuola cattolica

di SamHookey
4 stelle

"La mala educación" di Mordini non centra il bersaglio, nonostante le buone intenzioni. Ottimo il cast ma il film è inconsistente

 

La vicenda è nota. San Felice Circeo 1975, tre giovani rampolli della Roma bene – rispettivamente di 19, 20 e 22 anni – sequestrano per un giorno e una notte, due ragazze (17 e 19 anni) della Montagnola, quartiere popolare a sud della città. Le violenteranno, sevizieranno e umilieranno ripetutamente in modo indicibile. L’una morirà annegata in una vasca da bagno, l’altra sopravvivrà dopo essersi finta morta. E testimonierà, con dignità e fermezza, gli orrori di quelle ore. Insomma, uno dei casi più brutali e atroci della nostra cronaca; ancor più brutale e atroce perché inspiegabile.

 

Mordini – dall’omonimo romanzo di Edoardo Albinati, compagno di scuola di uno dei tre aguzzini – tenta di dare una spiegazione all’orrore. E non ci riesce, perché forse una spiegazione – a quello che vediamo nell’ultima, straziante, parte del film – semplicemente non c’è. Le risposte proposte allo spettatore sono banali e colme di stereotipi, le psicologie dei giovani protagonisti – pur essendo gli attori bravissimi, va detto – sono indagate in modo superficiale, il contesto storico è inesistente. Il delitto del Circeo appartiene alla storia del Paese perché ebbe conseguenze politiche, civili e morali: i tre responsabili erano ben radicati nel tessuto neo-fascista romano (iscritti alla Giovane Italia, frangia studentesca dell’MSI), le associazioni femministe si costituirono parte civile al processo (c’era il rischio che gli imputati fossero assolti, poiché lo stupro al tempo non era considerato reato contro la persona bensì solo contro la morale pubblica), si scoprì che il male poteva nascondersi anche nelle famiglie perbene cattoliche e parioline. Tutto questo nel film non si vede, ed è una mancanza grave. Non si vede la politica, non si vedono gli scontri di piazza, non si vede la violenza organizzata delle bande nere, non si vedono gli anni di piombo. Non si vede la rivoluzione sessuale e culturale post Sessantotto: non bastano un riferimento a The Rocky Horror Picture Show, una locandina di Profondo rosso, un amplesso consumato a una festa e una canzone di Battisti per raccontare un’epoca.

 

Infine – l’assenza più grave – non viene evidenziata in alcun modo la differenza di classe tra le vittime e i carnefici, anzi questa viene del tutto livellata, poiché ci viene mostrato che vittime e carnefici ci sono anche tra ricchi a scuola e a casa in famiglia: insomma, tutto il mondo è paese. Se si vuole inquadrare la vicenda del Circeo da una prospettiva storica, invece, non si può ignorare il contesto socio-politico in cui nacque: un contesto che considerava le ragazze dei quartieri popolari come carne da macello, perché le famiglie alto-borghesi dei Parioli consideravano tutte le persone dei quartieri popolari come strutturalmente inferiori, sottomesse al volere e ai capricci di una classe dirigente intoccabile. Il delitto del Circeo fu violenza contro le donne, certo, ma fu violenza contro le donne di una determinata classe sociale. Se si ignora questo si priva la vicenda della sua natura.

 

Ben venga poi la critica nei confronti di una Chiesa bigotta e arretrata, ipocrita e chiusa in se stessa, che con il suo atteggiamento contraddittorio confonde e diseduca le giovani menti. Peccato però che anche questo nel film non compaia: a meno che non siano sufficienti un prete che va a prostitute, un ambiguo discorso su Caravaggio e un preside suscettibile al fascino del denaro per indagare il torbido di un ambiente educativo ormai in crisi. Si ha l’impressione che il film voglia essere un grande affresco anti-istituzionale alla Mala educación (2004), ma Mordini non ha la morbosità di Almodóvar né la crudeltà di Bellocchio in Nel nome del padre (1972) né la radicalità di sguardo di Pasolini in Salò (1975).

 

Sacrosanta anche la critica alla famiglia tradizionale borghese che – si sa – genera mostri, ma qui sembra piuttosto che i mostri siano generati da famiglie disfunzionali ante litteram, in cui i padri sono omosessuali o assenti e le madri fedifraghe o inermi: ne risulta un messaggio velatamente reazionario per cui da famiglie imperfette nascono figli bacati. D’altro canto non è nemmeno sufficiente mostrare Scamarcio/padre-padrone, che fustiga con la cinghia il figlio, per giustificare la genesi del sadismo di quest’ultimo. Bastasse questo a scatenare la follia sarebbe bello: in tempi come i nostri, in cui le scudisciate sui figli a scopo punitivo non sono fortunatamente più di moda, saremmo riusciti ad azzerare la violenza nei confronti delle donne. Purtroppo non è così.

 

Al contrario, forse nel film avrebbe dovuto esserci più normalità, perché – a voler trovare una genesi – è da qui che nasce la violenza del Circeo: avrebbero dovuto esserci più cene a tavola in famiglia, più messe in chiesa la domenica e comizi politici forieri di odio razzista il lunedì, più madri amorevoli e padri indolenti pronti a giustificare i propri figli a ogni costo. La normalità di una serata in pizzeria tra amici mentre i corpi di due donne giacciono chiusi nel bagagliaio dell’auto di papà. Questa contrapposizione avrebbe suscitato l’orrore. Com’è stato nella realtà.

 

scena

La scuola cattolica (2021): scena

 

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